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Peackocs – "Come With Us" – Tudor Rock 1995

Questo trio svizzero dal nome che, tradotto nella lingua di Dante, significa i Pavoni, è molto meno "stronzo" di quanto tale nome faccia pensare. Anzi, i Peacocks non sono affatto male, ed io, che ho una cultura di Rockabilly limitata a due canzoni d’annata e conosco quasi solo di nome formazioni storiche come Meteors e Straycats, rimango affascinato dalla capacità di questo – si ripete – trio di trarre fuori buona musica solo con 1 chitarra, 1 contrabbasso e batteria (e talvolta una tastiera).
Ma se non ho la conoscenza necessaria del genere per commentare con competenza i brani più tecnicamente RockPunkPsychobilly (che sono tutti molto orecchiabili, e alcuni come "Waiting" sono proprio trascinanti), ho la competenza per giudicare i brani più influenzati dalla musica che ci riguarda. "In Any Café" , "Living In Town" (Reggae), "Our More Chance" e "Look Away" sono in linea con quanto sopra detto e cioè sono buona musica, con un sound molto particolare visto che all’influenza della musica Rockabilly si uniscono quelle di Clash, Specials, Madness. Non male, particolari i Peacocks di questo "Come With Us" che sono contento vada ad ampliare la mia collezione.
Consigliato al Teddy Boy che dentro di voi manda a cagare [sic] tutti quanti.

a cura di Sergio Rallo


The Peacocks - "It’s Time For" - CD, 808 Records, Svizzera, 2004

"It’s Time For The Peacocks" è il quarto album dell’agguerrito terzetto svizzero nato come unico rappresentante a me conosciuto di psycho-ska-billy (i Monroes tedeschi erano ska/billy [!]) e rigeneratasi in una rock-a-punk-billy (!) band.
I Peacocks, infatti, non ci offrono neppure una traccia skanchettosa come erano soliti fare ai sempre movimentati concerti una decina di anni fa ma si impegnano in uno sfrenato rock’n’roll con una buona dose di punk e di sound rock-a-billy che travolgerà, durante lo scorrere delle 13 tracce del disco, gli appassionati del genere e, ovviamente, chi sa chi sono i Meteors o gli Stray Cats.
"It’s Time For The Peacocks" è, insomma, un disco duro, dai ritmi frenetici e, tra questi, tracce che risultano immediatamente "catchy", per dirla all’inglese, sono "Too Good", la divertente "Older Than Punk", "I Can Do A Lot For My Size" e "I Wanna Be A Cop Too".
Chitarra, batteria essenziale e contrabbasso danno il ritmo a testi seri, ironici ed arrabbiati e cantati con forza da Hasu Langhart che da più di un decennio conduce con passione i suoi Peacocks.
Potrebbe sicuramente piacere oltre che agli amanti dello psychobilly pure agli appassionati di ska-punk o ska-core anche se il tentativo dei Peacocks di pescare pubblico in tutt’altro ambito è palese.

 Sergio Rallo


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Persiana Jones - "Brivido Caldo", UAZ Records/Moon Ska 1997

Da Rivarolo Canavese, in provincia di Torino l’irrefrenabile quasi isterico ritmo dei Persiana Jones, ha fatto proseliti, in quasi un decennio, in tutto lo stivale. Da un originario Ska veloce demenziale anche nel nome della band che all’epoca era per esteso "Persiana Jones e le tapparelle maledette", in questo periodo Silvio alla voce e Beppe al basso sono passati ad uno stile molto più aggressivo con abbondanza di distorsioni e ritmi a 180 BPM. In questo, precursori almeno in Italia, di una moda molto seguita all’estero. Sarà anche la voce particolare di Silvio a far la sua parte, ma non v’è dubbio che nel panorama dello Ska più tirato, i Persiana hanno creato uno stile personalissimo e immediatamente riconoscibile.
"Live" fanno P-A-U-R-A: sono una vera e propria esplosione di energia, ed anche per questo sono seguiti da tantissimi giovani. Brivido Caldo porta l’etichetta della UAZ Record che è la casa con cui i Persiana si autoproducono, ma anche quella della Moon Ska, conseguenza di accordi "distributivi" con Robert Hingley dei Toasters. Quattordici canzoni dai testi ottimistici e positivi e dalla musica potente che ispira balli sfrenati. Divertimento Divertimento Divertimento!

a cura di Sergio Rallo


Persiana Jones - "Live a El Paso" - Autoprodotto El Paso 1999

12 tracce live, esclusivamente su vinile, in tiratura che diventerà limitata perché le produzioni del "covo" Anarchico di Torino, là in Via Passo Buole n.° 43, diventano sempre vere rarità.
Per Persiana, quasi un atto introduttivo del loro nuovo album, ripescando, anche, nei vecchi" successi di quando Persiana Jones era più noto come P.J. e Le Tapparelle Maledette. Il genere è quello, unico, dei Persiana, ché di epigoni ne hanno veramente parecchi.
Registrato il 9 maggio dell’anno scorso, senza alcun compenso per  Silvio, Beppe & C., questo disco è Ska-core targato Persiana che trasuda tutta l’energia che, da sempre, contraddistingue la band piemontese.
Un vero tripudio di ritmi devastanti, tesi come Masakela, Un’Altra Vita e Sempre di Più; Monotona, Tremarella e Preziosa, restano le mie preferite; sull’esecuzione, al solito, nulla da dire.
Ed ancora non vi siete ascoltati Puerto Hurraco, il nuovo cd in studio!

a cura di Sergio Rallo


Persiana Jones - "Puerto Hurraco" - Uaz Records 1999 Italia

Nuova esplosiva raccolta di ben 14 brani per i prolifici Persiana.
Le novità, se vogliamo, consistono in un orecchio maggiormente votato alla influenza Ska, piuttosto che al tipico sound dei Persiana dell’ultimo album (Brivido Caldo); il suono del disco è ottimo, i livelli ed il tipo di suoni usati denotano un lavoro di fino anche dietro i mixer che si riscontra in una pienezza e potenza degli strumenti perfettamente calibrata.
Brani da segnalare: l’esagitata versione rinnovata del vecchio leone di battagla dei Persiana "Tremarella"; il delizioso duetto con Vic Ruggero degli Slackers dal titolo "15"; "Diverso da Me" che conferma la sottile "devianza" verso lo Ska di Puerto Herraco del quale il brano che gli dà il titolo (appunto Puerto Herraco alla traccia n.° 10) è quello in cui tutte insieme si profondono le schitatrrate da rock durissimo; ed infine, merita un cenno il brano preferito di tutto il cd: "Come Vuoi", un saltellantissimo, potente, swing ska che pone in diversa luce la band piemontese.
Molto raccomandato per il moto e la conseguente attività aerobica che si compie, quasi senza accorgersene, dall’inizio del primo brano.

a cura di Sergio Rallo 

Scaricati "Tremarella" in MP3


The Pietasters  - Awesome mix tape #6 – CD   -  Hellcat records

Gruppo strano quello dei Pietasters, giunti al loro quinto CD. Li incontrassi per strada credo che cambierei marciapiede, visti gli sguardi poco raccomandabili dei ragazzotti in questione. Ascoltando i loro dischi invece mi vien voglia di prendere un aereo e godermeli dal vivo, dove mi si racconta diano luogo a concerti al limite di una Sodoma e Gomorra in levare. In questo senso consiglio il loro splendido live “strapped" su Moon Records. La stranezza della band sta nella difficoltà, per chi recensisce, nell’etichettare i loro dischi: intendiamoci, l’impronta è nettamente ska, forse un po’ grezzo, ma sempre ska. Sono le divagazioni e le intrusioni verso altri mondi che a volte lasciano un pochino perplessi. Difficile classificarli nello ska-core o simili; poi ti rendi conto che questa smania di classificare tutto e tutti non ha alcun senso, e allora apprezzi i Pietasters semplicemente come band dalle mille risorse e dalle notevoli qualità.
Anche Awesome Mix Tape #6 contiene due caratteristiche comuni a tutti gli album della band: errori sistematici nella numerazione delle tracce e copertine bruttissime. Il contenuto del disco è inversamente proporzionale a quanto appena detto e anche i più ignobili strafalcioni possono essere perdonati. Quattordici brani, molto variegati, come il gelato all’amarena (questa è bruttissima lo so. Scusa Ale). Come detto, l’impronta è decisamente ska. Almeno nel 60% del disco. E questo non vuol dire nulla, mi rendo conto, quindi entriamo più nello specifico e partiamo da quel 40% di non-skankeggiante. Si tratta di pezzi come “What I Do", “Yesterday’s Over", “Somebody", in puro stile punk-rock, quando non addirittura Hardcore, o di un dub (“Dub-fi") di una noia mortale, o ancora di una funkeggiante e piacevole “Can’t stand it". Personalmente, dopo tanti anni di militanza, mi capita ancora di apprezzare del sano punk-rock, quindi una fetta di quel 30% non mi infastidisce affatto, ma la mia opinione non credo che conti molto.
La parte del disco etichettabile come ska, comprende di tutto un po’. Un buon rocksteady come “crying over you",  del gagliardo ska-quasi-core in “Everyday With You", e del 100% ska di quello che piace a grandi e piccini, allegro e spensierato, fischiettabile e ballabile come nei tre pezzi preferiti del disco: “Chain Reaction", “Spiderview" e “Take Some Time". Notevole anche “Crawl Back Home" con tastiere e sezione fiati piacevolmente in levare e a ricordarci da che parte sorge il sole (mah!).
Testi nel più classico ed inconfondibile stile dei Pietasters, tra cui la rima del passato millennio: “I know, I play the wrong role, she said, you’re in the wrong hole".
In sintesi, buon disco ma forse non adatto ai puristi del genere ska. Allargare i propri orizzonti, in ogni caso, non fa mai male.

a cura di Antonio Crovetti


The Pietasters – "Turbo" – Fueled By Ramen Records – 2002

E rieccoli!!! Dopo mille vicissitudini, compresa la scomparsa del loro bassista storico Todd Eckhardt lo scorso anno, i Pietasters tornano con un nuovo album. Bellissimo!! Bello fin dal primo ascolto: fresco, pulito, coinvolgente, originale, melodico. Mi aspettavo che nella evoulzione che li sta portando verso un sound diverso dalle origini, i Pietasters avrebbero sfornato qualcosa di originale, un po’ come per gli ultimi due dischi del resto. Così bello però non me lo aspettavo proprio. Non si illudano però i puristi dello ska. Qui il levare non manca, anzi, però non è certo il filo conduttore di questo album. E ad ogni buon conto, quello che di ska è presente tra le 13 tracce è di ottima fattura. La base infatti è quella di un sound molto stile motown, northern soul, attorno alla quale si spazia a 360 gradi pescando  dal reggae al jazz, dallo ska al pop fino al funky. Il mix è ottimo. Non ci sono due canzoni simili e l’album risulta ascoltabile più volte senza che la noia abbia il sopravvento. La voce di Steve Jackson è come sempre grezza, ma incisiva, i fiati sono tutt’altro che comprimari e tutto il prodotto risulta molto pulito, con nulla lasciato al caso.

Si inizia con un classico attacco alla Pietasters, con i primi due pezzi a metterti sulla strada di quello che stai per assaporare. E quindi, fiati belli pieni batteria cattiva e voce bella gutturale. Poi arriva “Drunken Master", un reggae un po’ alla Hepcat con intrusioni Ragga, poi ancora northern soul di quello fresco, con melodie orecchiabili, divertenti. E’ il caso di “Rachel", di “Every Afternoon", “Nothing Good To Eat" (scritta da Vic Ruggiero), “Got To Stay".

E’ bello vedere che una band cambia nel tempo. Che non rimane sempre uguale a se stessa sfornando fotocopie dello stesso disco nel corso del tempo. Ancor più bello è vedere come dopo anni e anni, c’è sempre un ritorno alle origini e alla musica da cui si è partiti. I Pietasters lo fanno con alcuni brani ska rocksteady e reggae splendidi come “Mellow Mood" (vagamente Bob Marleyana), la skankeggiantissima strumentale “Step Right Up", “Trust Yourself" e all’ultima, emozionante “How We Were Before", cover degli Zombies.

Un ultima nota, poco importante, riguarda il cambio di etichetta discografica. Dalla Epitaph si passa alla, per me sconosciuta, Fueled By Ramen Records. Se tutto ciò abbia importanza è del tutto irrilevante, anche se forse renderà il disco più difficile da trovare. Un vero peccato.

 

Antonio Crovetti

 

 


Planet Smashers - "No Self Control" -  Leech Records  CH 2001

I Planet Smasher sono una formazione canadese che conosco dalla metà degli anni ’90 per il loro potente Ska Pop dall’impostazione molto punk rock.

Potenti giri di fiati usati alla maniera dei cari vecchi Mr. Review sono tra le caratteristiche di questo gruppo, su basi che spaziano dallo Ska Punk “ordinato" di “Evaluation Day" allo Ska Reggae Rock i “Wish I Were American" al Punk Ska di “Blind".

Ogni tanto mi ricordano i Bim Skala Bim, alle volte, come in “Stupid Present" e “Struggle", colgo reminiscenze dei Parka Kings, forse perché sono tra le meno rockettare di No Self Control. Incredibile, poi, “It’s Over" che, sulla stessa linea “morbida" di quelle appena citate è un brano che per canto e atmosfera generale ricorda da vicino gli inglesi Reluctant Stereotypes d’epoca Two Tone.

Se non erro No Self Control è addirittura il 3° Cd dei Planet Smashers e, conseguentemente il loro è un sound formato, maturo e, per ulteriore conseguenza, nel CD ascolto sia “Hey Hey" “Goin’ Out" “Record Collector" che sono molto influenzate dall’anima rock dei P.S. ma anche un lineare Ska tipo Two Tone come “She’s Late" e dei “pestoni pestati" come “Rambler" che, fortunatamente, è la traccia più breve del disco. La più veloce, martellante canzone, anch’essa con fiati a tutto spiano e pesante fine pestatissima, è l’ultima di No Self Control ed anche l’unica di cui non riesco a leggere il titolo!

La prima traccia è quella che m’è restata nel cuore e si intitola “Fabricated".

Potenti e di tendenza, i Planet Smashers possono attrarre accoliti e fan nell’ambiente già frequentato da Mighty e compagnia HC cantando.

Sergio Rallo


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Potshot – "Rock’n’Roll" –  Asian Man Records 1999

I ventitre minuti di durata totale di questo cd contenente tredici pezzi la dicono lunga sul genere di questa band di sei elementi proveniente dal Giappone, una buona definizione potrebbe essere Melo-Ska-Core, una miscela in cui lo ska viene suonato alla velocità dell’hard-core e cantato con tanti coretti fatti di "aahh" e "oohhh".
Potrei stare qui ad elencarvi le canzoni una per una come sono solito fare ma la media del minuto e mezzo a pezzo non mi permette di notare qualcosa di originale su questo fronte, forse dilatando di un altro minuto le canzoni qualcosa di innovativo sarebbe venuto in mente a qualche componente dei Potshot. I canoni del Punk-Ska sono pienamente rispettati; le chitarre si alternano in velocissime cavalcate per poi rallentare sino ad arrivare al ritmo in levare, la batteria si mantiene per la maggior parte oltre il limite di velocità consentito dal codice stradale con saltuari rallentamenti nel cambio di ritmo (avrà incontrato una pattuglia della stradale???), i fiati fraseggiano qua e la oppure tengono anche loro il tiro indiavolato degli altri strumenti e la voce si inserisce in questo contesto con gli "oohhh" e "aahhh" di cui vi ho parlato prima forse perché è difficile inserire una parola in tutto questo marasma. Lavoro abbastanza minimalista per quanto riguarda la lunghezza delle canzoni o l’originalità ma che si difende molto bene sotto l’aspetto tecnico sia per esecuzione che per registrazione. Adatto per una ginnastica decisamente anaerobica, per pogatori scatenati o per chi, come il popolo del Sol Levante ha sempre fretta. Provate a ballarvelo tutto e poi mi direte. Dimenticavo, il tredicesimo pezzo non presente nella lista sul retro è un unplugged chitarra, voce e coretto che ricorda vagamente i Beach Boys (se vi può interessare).

a cura di Massimo Boraso


Quatre in Toulouse - "Four Legs" - CD, Leech Records,, CH, 2002

Se la prima impressione su un nuovo disco la dà, inevitabilmente, il primo brano che si ascolta, la prima impressione sugli svizzeri Quatre in Toulouse è ottima.
"Four Legs" inizia, infatti, con lo ska "Trip Stop", un bel connubio di ritmica tradizionale e contenuti melodici moderni dotati di propria originalità.
"My Season", secondo brano di un disco che ne contiene altri 14, è molto più tradizionale e decisamente meno originale, vantando nel bridge le medesime note del bridge di Madness di Prince Buster. Ma può essere solo indice della seria ispirazione tradizionale del gruppo piuttosto che un plagio volontario.
Quatre in Toulouse fanno attendere solo fino al terzo brano per propinarci un bello strumentale ska con ospiti di tutto riguardo ovvero il jazzista Will Clark, pure trombonista ufficiale degli Skatalites, e Creg Classman trombettista che negli ultimi live europei affianca Will Clark negli Skatalites sostituendo Nathan Breedlove, si intitola "Condor" ed è uno strumentale di ispirazione giamaicana dal giro non particolarmente complesso.
Una sterzata di divertente ska moderno, che ricorda leggermente i Madness e con buone trovate ritmiche, è "No direction".
Rocksteady/reggae, strumentale anch’esso, è invece "Joe Trap", dominato da una bella tastiera e impreziosito da buoni assolo che ne fanno una traccia da non perdere. Come la successiva, vi dirò, che brilla per la completa ed originale ispirazione tradizional-folkloristico-percussiva tratta con classe dallo ska tradizionale.
Segue uno ska dal titolo "Beromünster", questa volta del tutto moderno, cantato in francese, con un accompagnamento di fiati decisamente two-tone, che possiede una bella parte strumentale oltre che un ritornello che si memorizza facilmente.
Molto bello il reggae strumentale "My Bed Is Not For Free", un brano ispirato decisamente a certo fantastico reggae strumentale degli anni ’70 in cui brilla, tra gli altri, il dotato trombonista Hene Casser. La calma che lascia dietro di sé "My Bed Is Not For Free" viene sconvolta subito da un altro strumentale ska tradizionale di fattura allegramente festaiola e dal titolo "Five ‘O’ Clock".
Altro brano, altra atmosfera. "Newbridge" è uno strumentale che inizia cupo, si illumina un attimo nel bridge e ripiomba nel cupo di un piacevole giro sulla base del quale si ascoltano volentieri gli assolo.
Approccio allo ska alla Mr. Review ho riscontrato in "Vollmond", unica traccia cantata dai Q.I.T. in tedesco [Schweizerdeutsch!] che ha l’inevitabile effetto di ricordarmi i vecchi El Bosso & Die Ping Pong.
Un disco vario "Four Legs", che non annoia e che dà spazio a momenti di esaltazione per la musica ska, consigliato a tutti gli appassionati di neotradizionale ed oltre.
 

Sergio Rallo

 


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Radici nel Cemento - "Guns Of Brixton" - Gridalo Forte 1998

CD "triplo singolo" in cui i R.N.C. "rispolverano", con ottimi risultati, la mitica "Guns of Brixton" (se non sai di chi è vattene immediatamente dal sito!) [e cercatela in www.allmusic.com] facendola cantare al "Godfather" Laurel Aitken (li avete visti accompagnati live, la scorsa stagione [1998] dall'ex voce e chitarra dei Kortatu, il gruppo Punk-ska basco più militante di tutta la Spagna, Fermin Muguruza). I fan di entrambi (che sono abbastanza) sono avvisati. Ascoltando la "version" di quest'ultimo (all'interno ci sono i testi in inglese, italiano e basco) si capisce il detto che dice che Dio, per punire il diavolo, lo costringe a studiare il basco!
Quanto al brano "La Vita è 'na Guera" in cui il gruppo romano è presente sia in musica sia in voce, non entusiasma...date le capacità di questa band, ci si aspettava qualcosa di più coinvolgente! Militante.

Sergio Rallo


Radici Nel Cemento - "Occhio!" - CD Ass. Cul. Radici Nel Cemento/V2 Records Italia 2004

Il nuovo album della migliore formazione reggae del Lazio (e, a parere i scrive, tra le migliori dell’Italia del sud), intitolato "Occhio!" merita veramente, scusate lo scontato gioco di parole, un occhio di riguardo.

Non solo per l’aspetto prettamente "tecnico" che me lo ha fatto ritenere già al primo ascolto un prodotto "con le palle", curatissimo nei suoni (di cui si sono occupati in fase di registrazione Bruno Avramo e Leonardo Bono i quali hanno anche lavorato di mix su 6 brani di 14 che ne contiene il cd lasciando gli altri 8 al sempre apprezzatissimo Madaski) e nell’aspetto, oltre che nei contenuti.

Radici Nel Cemento ci tengono - e ci riescono perfettamente - a caratterizzare ogni traccia con ritmi sempre diversificati, melodie mai monotone ed originali, strizzando l’occhio (!) al folklore capitolino ed utilizzando al meglio tutti gli stilemi del genere: reggae, ragga, rocksteady, dub, ska perfettamente puntellati da cori e sezione fiati ineccepibili.

Influenzati (tra le altre cose) dal reggae della prima metà degli anni ’70, Radici Nel Cemento offrono all’ascolto del loro disco come prima traccia la gioiosa "Ansai come ce piace" (riproposta pure in una super version jazz dub ragga con Roy Paci in tromba e voce come traccia n. 11) che ha una struttura felicemente funky.

Ma divertenti, ascoltabilissime sono tutte le tracce di "Occhio!" tra le quali oltre a quella appena citata brillano senz’altro il reggae "Er traffico de Roma", l’ottimo ska "La riva del mar", il soave ed entusiasmante rocksteady "Dalla terra" di cui ho particolarmente apprezzato l’inizio di flauto traverso, la veloce ed elegante "La mia radio" (tra le più belle) la cui conclusione strumentale (con la tromba di Paci che ha arrangiato la sezione fiati in tutto il disco), con fiati in levare, dub e con citazione mi è piaciuta, da 1 a 10, 11.

Non affatto male anche l’altro ska di Occhio!, intitolato "Centocinquantasette" e la traccia "tecnologica" (almeno rispetto al complessivo andazzo del cd), che ammicca al pop italico degli ultimi anni, e che pone fine all’ascolto del cd, intitolata "E’ la mia vita".

Belli i testi e le voci degli ottimi Adriano Bono e "Rastablanco".

Occhio! è un gran bel disco che conferma lo spessore artistico raggiunto dai Radice Nel Cemento in oltre un decennio di attività dedicata al ritmo che, almeno qui a SkabadiP, sapemo bene quanto ce piace!

     Sergio Rallo


Radio Babylon - "Buska"- CD Arte Nomade, Italia 2002

Anche a Macerata pulsa lo ska che è quello casereccio dei Radio Babylon che fin dal 1997 se la skancheggiano in quella provincia.

Quello dei Radio Babylon è un pulito ska moderno dal piglio rock che scorre bene per tutte le 11 tracce di Buska, loro primo album.

Le varie sfaccettature della formazione sono ben riassunte dal grintoso ska “Se, Ma…Forse" e da “Buska" che inizia come reggae strumentale per trasformarsi in un veloce ska in cui la chitarra solista la fa da padrone sorretta da incisivi giri di fiati che ricordano molto da vicino lo ska two tone degli anni ’80, come fanno anche le omologhe “Skomodo" e “Senza Ali Senza Volto".

Un’anima maggiormente folkloristica i Radio Babylon la rivelano poi con “Guadalajara" e con lo ska lento “Il Regno" che ricorda certe melodie di Vecchioni.

Altro reggae i Radio Babylon lo propongono con “Ballata di Una Fuga" mentre lo ska/reggae dal titolo scalfariano “Non ci sto" precede il reggae roots non particolarmente fantasioso intitolato “Tiki Bambù" che conclude l’ascolto di BUSKA.

Testi impegnati ne fanno un album “militante" che oltre l’intento di far ballare rivela anche quello di far pensare.

Consigliato ai frequentatori – pensanti – di centri sociali e collettivi no global.
 

Sergio Rallo


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Ramiccia - "Balli?" - Gridalo Forte Records 1999

Da Viterbo, i Ramiccia pare esistano da più tempo di quanto la loro assente notorietà dalle parti nostre faccia supporre.
Offrono 11 brani di Ska non particolarmente "fine" ma neppure rozzo come certi gruppi rientranti più nell’area "Punk" fanno quando suonano la LORO interpretazione del Ritmo.
Anzi, c’è una ricerca di melodie dirette, semplici con richiami alla canzonetta, come la presenza di testi "leggeri" ed ironici.
La parlata dialettale dona a "Balli?" una coloratura casereccia da trattoria dove ha cominciato a pulsare il ritmo della Giamaica, lo ska, la musica senza la quale i Ramiccia "nun posson sta’".
Canzone che vale il disco: Caraibica con tanto di mare in sottofondo; inflessioni dure qua ("Balli") e là che io non godo tantissimo perché le trovo un po’ da "boro"; forte presenza di fiati e ritmi potenti ma mai velocissimi, con salti nel Reggae, in certo Rock anni ‘70 ("Show man"), rockenrolle in "La Lipra", Reggae sofisticato in "Sulla strada"ed altro occhio strizzato al dub in "Est" strumentale piuttosto particolare è ciò che si trova o mi passa per la mente ascoltando quest’ album dei Ramiccia…e tu che stai a fa?, Balli?

  a cura di Sergio Rallo Scaricati "Professoressa" in MP3


Ramiccia  -  Ramiccia meets Begona  - Gridalo Forte Records

Terzo lavoro per i granitici e prolifici Ramiccia, originators del bifolk ska sound system nell’idioma Valleranese (provingia de Viderbo, gnorandi!!). Questa volta, smessi i panni goliardici a cui ci hanno abituato, propongono un dischettino di cover (nove tracce su dieci) in collaborazione con Begona Bang Matu, voce degli ispanici Malarians le cui capacità canore abbiamo già avuto modo di apprezzare tempo fa durante il tour di Laurel Aitken coi Radici nel Cemento e gli Skarlatines. Ottima la produzione, gli arrangiamenti e la qualità del suono; ottimi i contenuti. Bene bravi, sette più. 
Covers a 360°, da Bob Marley ai Mano Negra passando per i Casino Royale e gli immancabili Laurel Aitken e Prince Buster.
Si va dallo ska bello allegro e spensierato, che poi è quello che preferisco, di “Rude Girl", “Sexy Eyes" del padrino,  “Shame and Scandal" e della splendida “Peligro" dei Mano Negra, a sonorità molto più rocksteady e reggaeggianti come in Bad Card di Marley o “Everything I Own" cantata in modo superbo da Begona, o ancora in “Is It Because I’m Black" dove Begona si mostra anche nella sua anima soul.
Tanto piacevole quanto nostalgica la sorpresa di “Re Senza Trono" dei Casino Royale che riporta alla mente gli anni che furono quando la band milanese furoreggiava con uno ska magistrale e forse mai più visto e sentito.
Stuzzicante la strumentale (o quasi) “No Frontiere" del prode Antonozzi. 
Essenziale per non dire un pochettino scarna la copertina e relativi contenuti. Fa nulla, per maggiori informazioni sulla band si consiglia l’acquisto dei precedenti CD. 
Consigliato.


a cura di Antonio Crovetti


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Ernest Ranglin - "Below the Bass Line", Island Jamaica Jazz 1996

"Ernie", come viene simpaticamente chiamato nell’ambiente musicale, è colui che, seondo le cronache, ha fatto fare per la prima volta il suono Ska!, Ska!, Ska! alla sua chitarra (vedi storia dello Ska). È anche colui che alla chitarra ha fatto fare tutti quei tipici suoni entrati a far parte indelebilmente del colore della musica giamaicana. Sia essa Ska, Rocksteady o Reggae.
Ernest Ranglin ha suonato praticamente con tutti i musicisti giamaicani in tantissime formazioni diverse, prediligendo le registrazioni per la casa madre Studio One.
Ha suonato poi con un cospicuo numero di jazzisti mondiali, ed ha l’aura di un artista che vive e si realizza prevalentemente suonando dal vivo; ciò non è in contrasto con il fatto che, per quel che ci è dato da sapere, l’album di cui si parla, è il primo accreditato a suo nome da ben più di un lustro.
In "Below the Bassline", non scherzo, ci sono ben quarant’anni di musica giamaicana e, siccome il tutto è letto in chiave molto, ma molto jazz, anche cent’anni di musica afroamericana.
Veramente molto bravi i musicisti coinvolti in quest’album, tra cui spicca il veterano pianista e compatriota di Ernie Monty Alexander – che ne è pure il produttore - e l’ospite Roland Alphonso che suona sia il sax tenore sia l’alto nella versione "Rangliniana" della "Balls of Fire" dei vecchi Skatalites.
Brano preferito degli undici proposti è "Surfin" la traccia numero due del disco, un brano scritto da Ranglin nei primi anni ’70 e qui riproposto con tutta la carica onirica dell’originale intatta.
Consigliato a tutti i patiti di jazz, che così si avvicineranno alla musica di cui SkabadiP si occupa. Consigliato anche a tutti i patiti della musica giamaicana in senso ampio, e dei "Sound Dimension" in particolare, che così si avvicineranno al jazz. Di sicuro sconsigliato ai fan dello Ska-core, del Two Tone, e allo Speed/Punk/Ska statunitense germanico.

a cura di Sergio Rallo


 

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Radio Active - "Skarussel" - Leech Records 1998

Sarà una mia impressione, ma le funzioni dello stereo - in cui sto ascoltando quello che risulta essere l'album di debutto di questa formazione svizzera - mi dicono che per l'ascolto ottimale di "Skarussell" è meglio regolare l'equalizzatore su "rock".
Tutto l'impianto del disco (ci mancherebbe altro, con quel titolo...) ruota su ritmi Ska/Reggae ma appunto con una spiccata tendenza al Rock con certe venature Funk e molto "folklore" dato dall'armonica che nel "combo" sostituisce la tastiera.
Radio Active sono un tipico gruppo Ska influenzato ancora dal Two Tone tipo: "All Through the Night", un lento e malinconico Reggae-pop, ricorda i Reluctant Stereotypes anche se Radio Active, magari, non sanno chi siano) e, prevalentemente, dallo Ska mittel-europeo ( "the Game" traccia n.2 ricorda certe cose di gruppi tedeschi ma anche dei compatrioti the Ventilators).
Oltre la prima traccia "Routekiller", il primo brano che incontro e che mi piace senza riserve è - incredibilmente, perchè è cantato in francese che ho sempre trovato, chissà perchè, poco adatto per 'sta musica - "L'Etat Sauvage" che ricorda anch'esso qualcosa di gruppi della fine '80 ma che scorre
veramente bene; a seguire, la tranquillissima "Funny Day" anch'essa tra le più "catchy" del disco di cui non apprezzo certi ritmi da marcetta militare come in "Arc En Ciel"; mentre incontro un motivo veramente familiare e, quindi, non brillante per originalità, per il cantato di un'altra delle più ballabili creazioni dei Radio Active, e cioé "Why Did July", con la fisarmonica a dare quell'atmosfera da osteria della Borgogna cara ai fan dei Negresses Vertes; mi annoiano, invece, i Funky/soul/reggae anche se sono suonati bene come "My Dream" e, come poc'anzi scritto, non apprezzo lo Ska in francese come la penultima traccia "Ma Belle Brigitte" ed i "giri" d'accordi triti e ritriti come in "Criminal Skango", 15° ed ultimo pezzo, di un disco che m'ha lasciato tiepido.
Per chi è tiepido di sua natura ed ama le osterie della Borgogna.

a cura di Sergio Rallo


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Rebel Dës – "Margini", Autoprodotto 1997

Il gruppo comasco di ben dieci elementi autore di questo cd ci ha sorpreso. Più consci di avere a che fare con un gruppo noto per proporre Ska-punk e Ska molto veloce in genere, ci siamo sorpresi di ascoltare Margini.
La band è andata – diciamo subito con buoni risultati – alla ricerca di un differente sound, all’orecchio dell’ascoltatore molto più alle radici dello Ska, ma senza proporsi come gruppo tradizionale e strizzando l’occhio allo Ska Two-Tone. Evoluzione artistica che qui a SkabadiP tutti condividiamo.
12 sono i brani che possiamo ascoltare in Margini, che spaziano come generi dal Reggae al Rocksteady allo Ska con qualche distorsione di chitarra che però non disturba.
Che siano semplici incitazioni alla danza come l’affascinante "Nobody Cares", o abbiano riferimenti autobiografici come in Kingston Chiama i pezzi dei Rebel Des sono tutti molto orecchiabili e "guidati" da una solida sezione fiati.
Sapendo quanto hanno speso nella produzione del cd – tra l’altro molto curato nella veste grafica – il risultato è pienamente soddisfacente.

a cura di Sergio Rallo  Leggi l'intervista di SkabadiP alla band    Guardati i Rebel Dës in Live Skaoovie! Scaricati "Perverso Love" in MP3


Rebel Des - "Up Players Up Lovers" - CD Etnagigante, Italia 2001

Lo ska tradizionale, classicheggiante, non frenetico e solidamente ancorato alle ritmiche che lo caratterizzano è l’ingrediente di base della ricetta ska dei Rebel Des.
“Up Players Up Lovers" non è un disco che colpisce al primo ascolto, caratterizzandosi per linee facili e semplici che scivolano via abbastanza facilmente, vuoi per l’assenza di “trovate" seriamente originali, vuoi per la poca incisività delle melodie, tra le quali, infatti, nessuna si fissa in testa con particolare vigore.
Intendiamoci, Rebel Des non sono dei virtuosi degli strumenti ma il loro lavoro (anche dal vivo) lo sanno fare e “Up Players Up Lovers" è un disco leggero, lineare, pulito, in 2 parole: ben fatto e gradevole; con buona presenza di reggae, tanto tradizionale come dicevo sopra che si sviluppa per tutte e 13 le tracce.
Strumentalmente i Rebel Des mi piacciono parecchio in brani come “Blue Afternoon", anche se all’orecchio balza la somiglianza sospettata del giro del cantato con quello di “No No No" di Down Penn, cosa che, comunque, non sminuisce la bellezza del pezzo.
Il primo brano dall’emblematico titolo “Rocksteady Time" è indicatore dell’esperienza cui si rifanno, ogni tanto con gusto un po’ pop tipo in “Femme fatale", i Rebel Des.
Il primo reggae di cui ci offrono l’ascolto i Rebel Des l’hanno intitolato “Can’t Stop My Music" la tastiera anni ’70 che ne fa il sottofondo e l’arrangiamento dei fiati che sostengono una morbida melodia rendono bene anche negli effetti dub e fanno competere molto dignitosamente Rebel Des con i tanti gruppi esclusivamente reggae del Veneto.
Non apprezzo fino in fondo la miscela italiano inglese con cui sono cantati la maggior parte dei brani ma potrebbe rivelarsi una scelta caratterizzante per la band soprattutto quando il risultato è gradevole come nel caso dell’allegro ska “Sensi". Ritmicamente molto buono anche il notturno reggae “Metropolis", anche se l’avrei ascoltato meglio tutto in inglese.
Il terzo brano reggae di U.P.U.L. è, al contrario di quello che lo precede, allegramente luminoso ed è cantato tutto in inglese. Buon accompagnamento dei fiati.
Arrivando al brano che ho apprezzato di più, cioè “I Will Sing", l’ho trovato un brillante ska sinceramente ispirato ai classici del soul ska.
Ultimi brani che, a mio personalissimo giudizio, meritano l’ascolto di questo U.P.U.L. sono “Resti solo tu (Allo Specchio)" un altro di quegli ska che ritengo caratterizzanti lo stile dei Rebel Des e “Paradise Vs. Hell" quello che ritengo il pezzo ritmicamente più interessante ed originale nella melodia.
Nessuno strumentale e nessuna cover sono scelte precise del gruppo piuttosto apprezzabili in considerazione del fatto che il mondo della musica pop sembra stia sopravvivendo solo su cover.
Sono una band trasversale i Rebel Des, questo loro disco, sul quale mi sono dilungato, può piacere sia ai fan colti dello ska (quelli che ascoltano solo ska jazz), sia ai patiti del two tone, sia ai neofiti del Genere ed aprire, anche, nuove prospettive ai pestoni all’hard core!
 

Sergio Rallo

Leggi l'intervista di SkabadiP alla band    Guardati i Rebel Dës in Live Skaoovie! Scaricati "Perverso Love" in MP3


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Reel Big Fish – "Why Do They Rock So Hard?" – Mojo Records 1998

Strano nome per una Ska band, non riesco proprio a capire se deve essere interpretato sotto il profilo ittico o sotto quello anatomico, comunque it’s Reel Big Fish.
Partiamo quindi dal look di questa band, i sette componenti ci vengono presentati uno ad uno in un ricco booklet dalle molte stelle e dai colori che si avvicinano alla psichedelia, testi e ringraziamenti con annessa foto del ringraziante ci mostrano musicisti che, come la loro musica, escono dagli stilemi del Traditional Ska, bermuda, camicie hawayane e colori sgargianti si discostano un tantino dal "three pieces suit" con cui "Rudy got married" come diceva Laurel Aitken.
Comunque chi lo dice che per suonare Ska l’abbigliamento sia importante, meglio un largo camicione che ti permetta di scatenarti sul palco e scarpe comode per ballare come insegnano i Punk californiani che vanno molto di moda di questi tempi.
L’idea principale di questo gruppo proveniente da Orange County, terra fertile che ha visto crescere molti gruppi famosi (e se non sbaglio anche qualche altro gruppo Ska di cui non ricordo il nome), era quella di suonare qualche cover metal e di arpionare qualche pulzella quando circa otto anni fa vennero illuminati dalla luce in levare e si diressero sulla retta via. Una buona dose di metal comunque è rimasto nelle loro chitarre e nei loro cuori insieme ad una buona dose di Punk addolciti dai fiati che raramente hanno vita propria e che per lo più si adattano a segnare il tempo.
Il Reel Big Fish style è un Punk-Ska che in certi punti rallenta sino a rasentare il Reggae per poi ripartire sgommando verso velocità al di sotto dello Ska-core, Dub e Ragga fanno solo delle brevi apparizioni nei sedici pezzi di questo loro lavoro.
Si parte con "Somebody Hate Me", brano che mette in mostra il loro stile alternando veloci schitarrate con fiati al rallentatore, inizio molto metal per "Brand New Song" che si diluisce nel Punk-Ska con assolo di tromba. "She’s Famous Now" è un Punk melodico con inserimento di fiati mentre "You Don’t Know" rallenta e si avvicina maggiormente allo Ska ma sempre con la chitarra incazzata, "The Set Up (you need this)" rallenta ulteriormente con picchi di Punk-ska  ,2Tone e inserto Ragga in "Thank You For Not Moshing". Il Dub esordisce in "I’m Cool" con andamento Reggae e fiati quasi traditional per farci riprendere fiato, aumentiamo di nuovo il ritmo con "I Want Your Girlfriend To Be My Girlfriend Too" che passa dall’inizio 2Tone al Punk-Ska per ritrovarsi nel metal verso la fine. Metal che contraddistingue "Everything is cool" con ritornello Ska, un tocco di Raggamuffin con echi di Dub e di scratch impreziosisce "Song #3" forse la migliore del disco grazie a questi mix, di "Scott’s a Dork" non saprei cosa dire se non che sembra un Pop-Ska fatto per piacere alle masse. Altra invenzione dei Reel in "Big star" che parte come una dolce ballata unplugged per poi esplodere ad un minuto dalla fine, "The Kids Don’t Like It", "Down In The Flames" e "We Care" ribadiscono il Reel Big Fish style. "Victory over Peter Bones" è uno strumentale da big band in cui jazz, swing ed, in minima parte, Ska convivono tra fiati e chitarra elettrica. Come pare d’obbligo ultimamente esiste anche una traccia nascosta, a voi il piacere di scovarla.
Why do they rock so hard? È il titolo del cd e la domanda che mi sono posto anche io, e volete sapere la risposta? Perché è il genere che piace a loro con tutte le influenze ed i gusti di un gruppo formato da sette elementi, provate ad ascoltarlo e divertitevi a coglierne le sfumature.

a cura di Masimo Boraso


Reel Big Fish – "Cheer Up" – Jive Records – 2002

Lo si aspettava da tempo, diciamo 4 anni buoni questo nuovo disco dei californiani Reel Big Fish, paladini dello ska punk metà anni 90. Originali e divertenti (dementi sarebbe più indicato), veloci ma melodici quanto basta, una buona sezione fiati, uno ska core più che accettabile. Insomma ero curioso di sapere, dopo anni di silenzio cosa avrebbero fatto uscire. Da notare che il loro “Everything Sucks" del 2000 è in realtà la ristampa del loro primo album (1995), mentre il cd “Favourite Noise" del 2001 è praticamente un best of.

Quando ho visto per quale etichetta sarebbe uscito ho strabuzzato gli occhi. La Jive Records….Possibile?? La stessa dei Backstreet Boys, dei NSYNC, di Jennifer Love, Britney Spears. Se volete continuo. Non sapevo cosa aspettarmi.

Invece, ascolto e riascolto il disco e l’impressione che ne ho è che questo sia il mio disco preferito della band. Il migliore, a mio avviso.

Non so fino a che punto la major abbia influenzato positivamente o negativamente il suono del gruppo, fatto stà che se da un lato si trovano certi riff un po’ inflazionati da modern punk bands alla Blink e via dicendo, è anche vero che il sound dei Fish è decisamente migliorato, più preciso, più potente, con una sezione fiati davvero ad ottimi livelli e la voce di Aaron Barrett in ottima grazia. Si ha una perdita di velocità, a vantaggio di pezzi più melodici, pur sempre con una chitarrona un po’ metallara e spacca timpani. E lo ska?? Beh, lo ska, o meglio, lo ska core è messo decisamente in disparte. I primi accenni si hanno dopo 8 tracce, precisamente con “what are friends for" e poi subito dopo con la divertentissima “A Little Doubt Goes Along Way". Poi il disco procede sempre su un livello ottimo di buon punk melodico, con degli ottimi fiati a trascinare quasi ogni brano ed illudendoci che siamo di fronte ad una ska band. Splendida la versione a capella di “New York New York".

Ancora un po’ di ska in “Boss DJ", qualcosina in “Sayonara Senorita" poi basta.

Come detto, questo è un ottimo disco di punk melodico, con più di un riferimento a gruppi che vanno per la maggiore oggi. “Valerie" o “Brand New Hero", potrebbero tranquillamente far parte del prossimo disco dei Blink 182, dei MxPx o degli American Hi-Fi, ma tutto sommato ci stanno bene. Poi non c’è solo quello. Certe divagazioni scanzonate nel glam rock (“Rocknroll is bitchin") non sfigurano affatto. Difficile trovare due brani simili tra i 17 presenti.

Trovo i Reel Big Fish più maturi rispetto agli ultimi lavori, anche se mi chiedo se sia merito loro o se sia loro malgrado; la qualità e davvero ottima, ma si sente la mancanza di un pezzo che rimanga in mente come “Sell Out", “She has a girlfriend now" o “Everything sucks" brani che emergevano in album buoni ma non eccezionali.

Chi ha apprezzato i dischi precedenti, amerà questo Cheer Up!!

Antonio Crovetti


Victor Rice - "In America" - CD Grover Records Germania 2003

Registrato tra i gloriosi Stati Uniti d’America (New York) ed il vivace Brasile (San Paolo, dove l’album è stato overdubbato e mixato) il nuovo, brillante disco di Victor Rice – ex bassista degli Scofflaws ai tempi del loro esordio con l’allora Moon Records (1991) – intitolato appunto "In America" è un lavoro tanto sofisticato quanto di immediato ascolto e fruizione.

L’ultima volta che mi sono occupato in queste pagine di Victor Rice è stato per la recensione degli Stingers ATX del cui brillante album di debutto "This Good Things" è stato il bravo produttore e supervisore. 

"In America" è, dunque, un degno distillato dell’esperienza ormai più che decennale del buon Victor nell’ambito di ska, reggae e dub, generi ai quali il musicista di New York non ha mai voluto rinunciare (grazie!) e ai quali sta senz’altro dando artisticamente parecchio.

"In America" è un album prettamente strumentale dalle svariate atmosfere che spaziano dal cupo e stordente andamento dello ska "Commit" all’ipnotico e sognate skank intitolato "Toque" o all’ottima "Lazy River NYC" che sembra uscita da una session dei Supersonics o dei Caribbeats.

Il tutto, sempre su ritmi palesemente ispirati alla grande tradizione delle session band della fine degli anni Sessanta/inizio Setttanta ma mai da queste scopiazzati.

Rice è, come intuibile, attaccato alle corde del basso dal quale fa scaturire linee mai scontate e comunque efficaci ed incisive che, per tutta la durata del CD, sorreggono nella maniera migliore ritmi ska come quello di "The Whip" che apre l’ascolto del disco o di notevoli reggae come la splendida "Fique" che, oltre a vedere la presenza del veterano percussionista Larry Mcdonald (nella precedente suona il guiro), conferma la natura del suo autore quale valente polistrumentista (è al basso, all’organo ed alla melodica ma, in altri brani, suona anche le percussioni, la chitarra ed il piano).

Supportato nel lavoro in studio dall’ottimo batterista Eddie Ocampo, Victor Rice ci offre 16 tracce (di cui 3 sono le versions) di gran musica che, come detto all’inizio, risulta immediata e coinvolgente nonostante sia quanto di più lontano dalle registrazioni dal vivo si possa ascoltare.

Questa mia impressione è confermata da tracce semplici e brevi come l’early reggae "The Ring" ove la tastiera suonata dal Nostro la fa da padroni non diversamente da quanto faccia nella successiva "Parabéns".

Tra le tracce preferite c’è il grande dub che si sviluppa per ben 4 minuti e ½ in "Drum Thief" una traccia sulla falsariga di certi lavori di King Tubby e lo ska "Choki" in cui Victor Rice si diverte producendo una pulsante linea di basso per una traccia con effetti dub, violino, piano ed un’insistente batteria alla Lloyd Knibb veramente coinvolgente.

Da non perdere. 


Sergio Rallo

 




Rimozionekoatta - "Matti da levare" -  CD Decibel Records 2004 Italia

I Rimozionekoatta sono la classica skaband dalle basi rock, dai ritmi tendenzialmente veloci e dallo stile piuttosto urlato che fa pensare a concerti sudati ed abbondantemente innaffiati di birra.
Matti da Levare, ultimo loro lavoro, fatto di 10 tracce, rispecchia lo stile appena accennato in cui il comun denominatore è, manco a dirlo, la "fierezza ska" sotto ogni aspetto possibile: la passione per la musica, i concerti, i rude boys.
Giri di fiati non particolarmente originali condiscono ogni traccia, tra le quali quelle che ho gradito di più sono state "Allo Specchio", "Sensazione Positiva" e "Libertà".
Le schitarrate potenti e tipicamente rock non trascendono mai nell’HC dato che fonte primaria di ispirazione ritmica per i Rimozione sembrano essere i gruppi del dopo Two Tone piuttosto che quelli ska core, mentre quella melodica sembra giungere ogni tanto dagli Statuto e dai Persiana dei primi tempi (per esempio l’ultima traccia "Solo a Me").
Un gruppo come quello dei Rimozionekoatta non poteva, poi, esimersi dal propinare almeno uno strumentale, cosa che la band piemontese puntualmente fa con la penultima e potente traccia intitola "Paprika" e dove i musicisti trovano lo spazio di far sentire singolarmente la propria voce passando da ska a reggae e viceversa.
Non posso che lodare il genuino entusiasmo ska dei Rimozionekoatta quanto meno per uno dei titoli più azzeccati dati ad un album ska che io mi ricordi.

Sergio Rallo

 

 

 


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Rico Rodriguez - That Man Is Forward – Reggae Retro Record

Era ora che qualcuno ci pensasse. Ecco la ristampa, - abbellita nella versione CD di due brani ("Oh Carolina" e "Sea Cruise") apparsi precedentemente solo in 45 Two Tone – del disco che non può mancare nella collezione di qualsiasi Reggae Ska fan che si rispetti.
T.M.I.F. fu nel 1980 uno dei più grossi successi di critica – e non certo di vendita – della Two Tone di Dammers. L’importanza di tale disco risiede nell’essere stato di fatto la "memoria storica" dello Ska negli anni in cui nessuno, eccetto quelli dell’ambiente Reggae inglese, avrebbe mai detto che lo Ska fosse il nonno del Reggae e non una càcchio di derivazione del Punk o una nuova musica inventata dai Madness.
Prima che gli Skatalites si riunissero nell’83, Rico nel 1980 con il suo amico trombettista Dick Cuthell tira su una piccola folla di musicisti giamaicani tra i più bravi e quotati del momento e caccia fuori quello che a ragione è il primo bellissimo LP di Ska tradizionale moderno.
Così in alcuni pezzi potrete ascoltare Sly Dunbar alla batteria, con ovviamente Robbie Shakespeare al basso. Ansell Collins all’organo e l’originale percussionista degli Skatalites Neol "Skully" Simms. In altri brani si può ascoltare Jah Jerry alla chitarra (che era la bellezza di 15 anni che non suonava professionalmente, anche lui chitarrista negli Skatalites), Carlton "Santa" Davis già batterista degli Aggrovators, il mitico Wiston Wright tastierista supremo di fama Upsetter-Dynamites-Supersonics e via dicendo e, infine, accanto a Rico e Dick nella sezione fiati ci sono Glen Da Costa tenore già di Byron Lee, Cedric Brooks tenore e Deadly Bennet alto sax, David Madden tromba e Nambo trombone; tutta gente già navigata in storiche formazioni come Sound Dimension, già Soul Vendors già Soul Brothers.
Tutti questi ti portano lontano, facendoti fare un viaggio di tonalità mistica nel sound più sound che ci sia.
Ed anche stavolta, in totale rilassatezza, puoi scegliere se ascoltare la musica sorseggiandoti il beverone (freddo!) preferito o con il corpo ballando sinuosamente insieme alla tua donna in un susseguirsi di strumentali Ska/Rocksetady e Reggae pieni d’atmosfera.
Da non perdere la versione di Rico di "Red Top" di Lionel Hampton.

a cura di Sergio Rallo


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Rico Rodriguez - "Roots To The Bone" - Mango/Island 1995

Al Padre/padrone di SkabadiP (intendo il Melazzini) questo disco strumentale è piaciuto tanto che, nonostante sia già vecchio di 4 anni, nonostante sia esclusivamente Reggae, ha voluto che lo recensissi! A riascoltarlo, mentre sto scrivendo queste parole, non posso che dare ragione ad Alessandro; in primis perché, tanto, Roots to the Bone, non è che un raccolta ( 7 tracce sono tratte dal disco "culto" Man From Wareika, registrato per la stessa Island nel 1976 negli studi Randy's e di Joe Gibbs; le altre 7 sono tratte da singoli, sempre Island, registrati tra il '76 e il '79 in differenti sessions con una impeccabile ritmica fornita nientedimenoche da "Sir" Sly Dumbar e "Sir" Robbie Shakespeare) di materiale che nel '95 aveva già vent'anni, quindi…; in secundis perché, nonostante l'età, la musica contenuta in questo CD resta tra la miglire musica Reggae strumentale mai registrata; e che registrazione, ragazzi! Negli anni settanta di meglio, non potevano veramente fare.
Ogni traccia è un viaggio musicale che ognuno può compiere nella maniera che più gli aggrada: perdendosi, come bambini, nella meravigliosa interpretazione che Rico fa di "Children of Sanchez", skankeggiando lentamente negli anni Novanta ormai alla fine con "This Day" o magari togliendosi cattivi pensieri con "Free Ganja" o, ancora, cullandosi dolcemente l'un l'altro (San Valentino è appena passato..) con "La" cover della "Take Five" di Paul Desmond o con l'altrettanto accattivante composizione di Rico dal titolo "Midnight in Ethiopia".
I 14 brani, molto "cool "e notturni, possono essere in grado di illuminare chi non impazzisce per le sonorità Reggae della seconda metà dei Settanta, categoria nella quale rientravo anche io, mentre le note di copertina (di Steve Barrow) non illuminano per niente su tutto il personale che ha suonato la musica di Roots to the Bone… quella tastiera la suona Ansell Collins? Il piano lo suona Glen Adams? Ed alla chitarra, chi c'è alla chitarra? Earl Smith?, Alva Lewis? Oppure…Vabbuòh, comunque…che musica ragazzi, che musica!

 a cura di Sergio Rallo


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Rico Rodriguez All Stars – "Rico’s Message" – Jet Set Records 1997

Chi lo sapeva che nel 97 era uscito questo ottimo CD del maestro trombonista Rodriguez?
Lui, con il resto della sezione fiati dei Jazz Jamaica ed un gruppo di otto musicisti come Allstars e tra i quali ci sono quelli dell’ultimo LP live per la Grover, è sempre il solito: affezionato alle radici della sua musica ecco proporci o riproporci, con i suoi validissimi Allstars, Reggae strumentali dal fascino tipicamente caraibico come "Fu Man Chu", sue vecchissime composizioni risalenti al periodo pre-Ska dello Shuffle o Boogie giamaicano come "Luke Lane Schuffle" e "Bridge View Shuffle", Roots Reggae come "I Have The Right" che è, di fatto, un Rasta chant, Ska-jazz come "Over The Rainbow", "Work Song" e "Stardust" e affascinanti Burru come "Rico’s Message" e sorprese come "What A Wonderful Word" cantata dal trombonista come in "I Have The Right" (l’unico altra cantata delle 11).
Nessun patito di Rico resterà deluso, questo è il messaggio!

a cura di Sergio Rallo


Rico & His band - "Get Up Your Foot" - Grover Records, Germania 2000

Il nome di Rico Rodriguez acquista un prestigio notevole al seguito del successo dell’album del 1976 Man From Wareika, ma a quell’epoca il trombonista giamaicano aveva già quasi un onorevolissimo trentennio di carriera alle spalle, carriera comprensiva di partecipazione a quasi tutte le primissime registrazioni di quel R&B che sarebbe diventato lo Ska.

I requisiti per diventare un disco di culto c’erano tutti in “Man From Wareika": il ritmo “giusto" che proprio in quegli anni impazza; il Jazz che rende il ritmo ancora più interessante per una vasta categoria di pubblico poco avvezza a certe canzoni ed alle tematiche da esse trattate; un titolo che richiama una località ed una cultura religiosa e musicale che lega parecchi dei musicisti di Kingston e, infine, ma non ultimo, titoli come “Free Ganja" e “No Politician" ad assicurarne il fascino della ribellione che, per un verso od un altro, è da sempre legato alla musica Reggae (e, ovviamente, Ska).

“Man From Wareika" è un eccellente disco di Reggae strumentale di altissimo livello con una ritmica da spavento servita da Sly & Robbie, ma  anche per i fanatici dello Ska e del Rocksteady il Maestro Rodriguez ha provveduto a registrare un vero capolavoro ad hoc, tanto più capolavoro in quanto vi figurano 2 differenti formazioni che, a loro volta, raccolgono praticamente 16 “stelle" della musica giamaicana: Jah Jerry, Winston Wright, Glen Da Costa e David Madden per citarne solo alcuni, sto parlando del disco “That Man Is Forward", album di estremo pregio registrato in Giamaica ed etichettato Two Tone.

Passano gli anni e Rico, dopo le esperienze con gli Specials (con alcuni dei quali registrerà anche il suo secondo album per l’etichetta di Dammers dal titolo Jama Rico che non ebbe buone critiche) e successive collaborazioni live con band di mezza Europa (anche gli Ngobo Ngobo), lo troviamo saldamente alla guida degli ottoni degli inglesi Jazz Jamaica del bassista Gary Crosby nell’omonimo disco di splendido Jazz Ska del 1993.

Registra, poi, un ottimo live che la dice lunga sull’esperienza di leader e formazione (Rico & His Band “You Must Be Crazy", CD/LP, Grover, 1995) e con la medesima formazione, ma per diversa etichetta (Jet Set Records 1997), registra Rico’s Message Jamaican Jazz accreditato a Rico Rodriguez All Stars, anch’esso, come i precedenti, con una particolare inclinazione allo Ska/Rocksteady.

Dati giusto questi due cenni su vita ed opere del Maestro Rodriguez ora mi occupo della sua ultima uscita come Rico’s All Stars “Get Up Your Foot", un disco che non raggiunge le vette di gradimento toccate dai primi due dischi citati ma che non manca di suscitare il dovuto apprezzamento per un decano del genere Ska.

Innanzitutto, però, una critica alla Grover: chi scrive non capisce perché si debba negare a chi ascolta la musica di attribuire un nome e cognome o solo un soprannome a chi suona gli strumenti. Pensavo che fosse una sgradevole abitudine della cara, vecchia e pur insostituibile Trojan non accreditare i musicisti che partecipano alla registrazione. 

Ovviamente, ciò, non dipende certo da Rico ma noto una minor cura nel prodotto finale che fa rimpiangere le belle ed interessanti note ad ogni brano presenti proprio nel live di cui ho parlato prima.

Detto questo, la musica di Rico, come stavo dicendo, è senza dubbio ok piaccia o non piaccia il suo fraseggio al trombone.

Mi pare di cogliere una diversa ispirazione, molto più “reggae" rispetto agli ultimi dischi.

C’è molta più tranquillità ed una diversa  ricerca ritmica in Get Up Your Foot, se è vero che, dei primi 4 brani nessuno è Ska, e, sia il primo - la title track - che il quarto hanno forti influenze Burru, anzi, quest’ultimo, “Weep" è proprio un canto Burru sul genere, per chi la conosce, di “Chubby".

Si deve aspettare il brano n.5 per avere uno strumentale un poco più sostenuto intitolato “Runaway" mentre il primo brano veramente Ska – che definirei “Old Style" sullo stile di “Exodus" di Ranglin del 1963 – è “Easy Does It" uno Ska Jazz notturno certamente efficacissimo come colonna sonora di viaggi dopo le 22.

Trovo anche una maggiore tendenza a melodie dalle sfumature piacevolmente latine, come conferma il lento reggae “Lambs Brad" che si “apre" in un inatteso dub prima di riprendere la melodia e chiudere.

Reggae è anche la successiva in ordine di ascolto intitolata “Slim & Sam" e la melodia è particolarmente latina, tanto da far venire in mente una stanca festa messicana dove fa troppo caldo per muoversi più velocemente del lentissimo ritmo del pezzo. Molto carino il solo di piano e quello, a seguire, del sax.

Tipico Reggae strumentale alla Tommy Mc Cook & the Supersonics dell’album Top Secret è il successivo “Casha Macaa" con i fiati a fare l’amato levare ed il Dub a scomporre la ritmica e le melodie.

Una vecchia hit , di quelle alla radici stesse del genere Ska, non poteva mancare e la rivisitazione in chiave 20000 dello shuffle della fine degli anni ’50, scritto da Rico, dal titolo “Blackberry Brandy" prende nuova vita e ricomincia a pulsare col suo morbido swing.

Il  successivo brano, “Symphony", anch’esso caratterizzato da un impatto “latin", è uno scherzoso Rocksteady rotolante e con facile melodia di fiati.

Rico ripropone anche uno dei pezzi migliori del primo dei dischi citati all’inizio di questa lunga, pallosa, ma dovuta “bio-recensione", ovvero “Children Of Sanchez", paga inoltre il proprio tributo al calypso/mento con la sua versione di “Matilda" e conclude G.U.Y.F. con  una cover di “Fatty Fatty" degli Heptones opportunamente dubbata.

Una critica ai suoni usati la ritengo infine necessaria perché non riesco a capire se il suono “sporco" che sento nel progredire dell’ascolto di “Get Up Your Foot" sia voluto o dovuto ad una minor cura nella fase di registrazione o di mixsaggio, anche se, ovviamente, nulla vien tolto al valore della musica di Rico che, con un totale di 14 nuovi brani, va ad aggiungersi alla sua già vasta e pregevole discografia.

Molto roots.  

Sergio Rallo


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RimozioneKoatta - "Accetta la Panchina" - Autoprodotto 1999

Ma quanti sono ormai i gruppi Ska? Un bel po’: ormai non passa mese che non arrivi qualche novità nostrana da recensire a SkabadiP.
R.K. debuttano con questo demo che non brilla come è tradizione italiana che siano i demo. Cultura diversa, mezzi diversi ed una indubbia maggior cura continuano a distinguere i demo che pervengono dall’estero dai nostri.
Ska dall’approccio piuttosto Punk (le sonorità, la voce) è, comunque, quello che propongono Dario Lambarelli (voce e autore di tutti i 7 pezzi contenuti in Accetta la Panchina) ed il suo gruppo.
Qualche problema di intonazione e qualche "uacciuuari" in meno avrebbero dato una diversa fisionomia al gruppo che, vuoi per la presenza di un solo sax, vuoi per il riverbero un po’ ovunque, risulta (è sempre un complimento) inquadrabile nel sottogenere "two-tone".
Melodie vocali piuttosto da stadio, una non particolare predisposizione per le "raffinatezze musicali" fanno dei R.K. un gruppo di Ska "duro" e crudo che, come tanti altri gruppi, dovrebbe andare a caccia di stelle per aver la certezza, anche non prendendone nessuna, di non tornare con un pugno di fango.
Nondimeno la passione per questa nostra musica viene fuori e, se sarà duratura, sentiremo presto qualcosa di più maturo musicalmente da parte dei Rimozione Koatta. Se.

 a cura di Sergio Rallo


RimozioneKoatta - "Senza Tregua" - Autoprodotto  I 2000

Rude Boys, Mods, Scooters, Sixties, sole, donne e tanta buona musica compongono questo lavoro dei torinesi RimozioneKoatta. Analizzando questi punti vediamo Rudies e Mods che convivono a Torino sin dal tempo degli Statuto e che i nostri hanno preso ad esempio, Scooters perché Vespe & Lambrette (e non gli ammassi plasticosi del giorno d’oggi) sono da sempre il mezzo di trasporto preferito sia per scorrazzare in città sia per raid marini o raduni, Sixties per la copertina ed il look del cd, ma anche perché questo disco ricorda molto le atmosfere balneari con annessi Juke Box nei baretti delle spiagge anni sessanta/settanta in cui canzoni come “tremarella" ponevano le basi del sound che con pochi arrangiamenti sarebbe diventato una vera miniera di ska-hits (vedi anche Quattrocentocolpi). Sole e caldo sono quelle cose che qui al nord si vedono per circa tre mesi l’anno ed ancor meno sotto la cappa di smog del cielo sabaudo, mentre per le donne ognuno di voi potrebbe completare la recensione con le proprie vicissitudini con l’altro sesso (parte dedicata ai Rude Boys, per quanto riguarda le Rude Girls aspettiamo un gruppo femminile che ci racconti di come siamo fatti noi maschietti).
Passiamo ora all’unica pecca di questo disco……….. ci sono solo tre canzoni, sarà solo l’aperitivo per un lavoro un po’ più corposo? Speriamo proprio di si. I tre pezzi sono: “Senza Tregua" che è un saltellante e danzereccio Two Tone dedicato ai nostri cavalli di latta, segno distintivo di quell’underground giovanile dedito allo Ska (chi scrive è un fiero possessore di una Vespa 180 SS del 1964). “Aspettando il sole" è il segnale d’inizio di tutte quelle cose belle della vita tipo guardare le ragazze con la minigonna o vagare per la città e dintorni in sella alla fida Lambretta, il ritmo è più lento e reggheggiante per evitare di sudare ballando questa canzone sotto il sole tanto atteso. “Disperato, Libero e Felice" narra di una cosa che tutti noi almeno una volta nella vita abbiamo provato, cioè il ritorno in caccia dopo la fine della depressione per essere stati mollati da una ragazza, e se per caso c’è qualcuno di voi con questo tipo di postumi il consiglio è di ascoltarla per partire a razzo verso nuove conquiste con le tasche piene di Hatu (consiglio dei RimozioneKoatta per un sesso sicuro).
I miei complimenti vanno alla special guest Lauretta, chi è Lauretta??? Comprate il cd ai concerti dei RimozioneKoatta e la sentirete “cantare".

P.S. Altro particolare degno di nota è il logo di SkabadiP sul retro del cd, non so che accordi siano intercorsi tra Alessandro e i Rimozione, comunque ci sta proprio bene. [lo vengo a sapere da Massimo ma benedisco caldamente l'iniziativa..aspetto di vedere il CD!!!]

a cura di Massimo Boraso


The Robustos - "The New Authentic" -  Beatville Rec., Olanda, 1999

"The New Authentic" è un gran bel disco, credimi.

A cominciare dal titolo, un vero manifesto programmatico per musicisti "robusti" come quelli che compongono questa formazione di Washington.

Ritmi, feeling, "tiro" sono quelli giusti; così come i suoni di un mixaggio da "dieci e Lode" ed una voce come quella della a me precedentemente sconosciuta Tonya Abernathy la quale dimostra di avere talento da vendere. Lei ha il "Soul", te lo dico io, a convincerti basta la prima canzone da lei interpretata: "My Heart & Soul", appunto; dal punto di vista strumentale puoi contare su di un travolgente ritmo, puntuali arrangiamenti di fiati e bella chiusura inna soul stylee!.

Dunque, "New Authentic" contiene 12 brani di cui 2 strumentali originali in vena ska/jazz con dj toasting (il reggae"Lloyd’s Choice" e lo ska "Brumby St.") e 2 cover: un’eccellente versione dei Robustos di "I Heard It Through The Grapevine" ed un’altrettanto notevole "Lullaby Of Birdland", con ampio spazio per soli nell’apertura ed un’ennesima prova di bravura da parte di Tonya.

The Robustos, propongono divertenti canzoni come in "Creepin’ Around" che è un sostenuto rocksteady/soul con influenze anni ’70, bello sotto tutti i punti di vista compresa la voce maschile, apprezzata anche nel pezzo che chiude "New Authentic" dal titolo evocativo di "The Train Song", pezzo che definirei reggae/soul/blues. Molto carine sono poi la brillante "Don’t Be Down" e la mia preferita "King Of Thieves". Ulteriore prova di capacità d’adattamento di ritmi e generi "classici" come il jazz degli anni ’30 alla musica Ska i Robustos me la danno, poi, con "Purse String Blues".

Che posso dirti d’altro? Ah, sì, i Robustos con "New Authentic" mantengono fede al titolo: questo è veramente Novo Ska Autentico!

a cura di Sergio Rallo


Rotterdam Ska Jazz Foundation - "Shake Your Foundation" - CD Grover Records, Germania 2003

Fine, colto ska jazz dal piglio hard bop è lo stile generale con cui si esprime la Rotterdam Ska Jazz Foundation nel suo "Shake Your Foundation", nuovo CD per la Grover Records.

Un merito indiscutibile della formazione di cui trattasi è l’aver riproposto per prima uno strumentale bello e potente come "Lonely Man" del trombonista Ron "Willow" Wilson, riuscendo a conferirgli, rinnovata, quella godibilmente ripetitiva energia che caratterizza l’originale.

Un demerito (ma piccino piccino picciò perché sono, di fatto, veramente degli ottimi strumentali sui quali i rispettivi originali autori non avrebbero avuto sicuramente nulla da eccepire) invece, è l’aver la RSJF riproposto brani obbiettivamente inflazionati come "Shot in the Dark" e "Night in Tunisia"  nonostante il jazz sia un genere pieno di brani altrettanto belli che aspettano la loro brava versione ska/reggae.

Ma non è tutto e solo ska jazz la musica della RSJF, c’è anche un ottimo ska toast come "Dreyfuss Is Gone"; c’è ska più tradizionale come "Slaviska", oltre ad un’ottima cover (sentita alla fine degli anni ’80 anche dagli Ska Flames) di "Old Rockin Chair" di Jackie Opel.

Si arriva, così, ad ascoltare una bellissima versione di "Sidewinder" del bravissimo trombettista Lee Morgan (famoso il suo lavoro con i Jazz Messengers del batterista hard bop Art Blakey) resa in uno stile tra ska jazz e soul r&b che mi ha entusiasmato per tutti gli oltre 4 minuti e mezzo della sua durata. Ad onor di cronaca anche gli Skatalites si cimentarono molto bene col pezzo di Morgan reintitolandolo "Malcom X" per l’etichetta Randy’s.

Una ritmica classica sostiene lo strumentale abbastanza originale "Snake Tie" al quale segue l’unica altra traccia (semi)cantata di "Shake Your Foundation".

Veramente cool ho trovato essere, infine, la penultima traccia intitolata "Oublihorns" in cui l’intro di tromba ricorda lo stile saltellante di Brooks ed il tappeto ritmico fornito da piano, tastiera e chitarra crea il tipico effetto ipnotico per cui amo lo Ska.

Concludono l’album le dub version di "Lonely Man" e "Sidwinder" con nuovi, inaspettati effetti.

Veramente buono, a tal proposito, il lavoro fatto nel The Box Studio dove il cd è stato registrato e mixato.

Sicuramente "Shake Your Foundation" è, concludendo, un bell’album di "spessore" e di grande interesse per chi già si muove a proprio agio tra sigle come EST, NSJE, TSPO, JJ, TSA, MrT-Bone e via Skajazzando! 

Sergio Rallo

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The Rough Kutz - "A Bit O'Rough" - Skanky 'Lil Records 1999

Nuova formazione, inglese, di otto elementi debutta con questo A Bit O’ Rough sull’etichetta di Mark Foggo.
Lo stile è Two tone "arrabbiato", con sax tenore che richiama alla mente i Madness, i Beat e tutti quei gruppi che nell’80 fecero del sound di un solo tenore una caratteristica quasi imprescindibile della musica Ska come Akrylykz e Ska-Dows e, senza andare lontano, come i Loafers.
Dei 14 brani - tutti ad un buon tempo Ska con passaggi nel Reggae/Rocksteady - sono molto carine Reggae Feeling, l'inflazionata cover di Johnny Too Bad, Hurt Again che poi sono proprio le più "reggae", Crazy About You e Run Around Sue ( molto rock’n’roll-eggiante). Traccia n.13 è Skinhead Symphony autocelebrazione di un culto cui appartengono gli stessi componeneti dei Rough Kuts.
Nonostante un interessantissimo strumentale dal titolo Gob Iron e il Reggae Loving You il disco, però, non mi entusiasma per quella sensazione di "già sentito" e "familiare" che lo pervade ma brani "martello" come Him A Rude Boy o Fistful Of Ska oltre a farti apprezzare la solidissima ritmica della band, non mancheranno di mandare in ipnosi musicale gli stessi che sono od erano soliti andarci con One Step Beyond o Rankin’Fullstop.
Questo è Street Ska At All!

a cura di Sergio Rallo




 

Roy Paci & Aretuska - "Tuttapposto" - CD V2 Records, Italia, 2003

U primu discu di Roy Paci & Aretuska passau senza granni entusiasmu dintra u meu litturi cd picchì mi lassau indifferente. Un sacciu picchì, ma nonostanti ca era registrato bono e ca Roy Paci è senza dubbiu nu ran trummittista, un mi piacìu: l’attruvai - ca è u colmu per dei siciliani - senza caluri.

"Tuttapposto", il nuovo album degli Aretuska di cui con qualche ritardo mi occupo ora, con i suoi 15 brani di ska e reggae, è senza ombra di dubbio migliore anche se qualche critica me la fa muovere senza difficoltà soprattutto laddove le belle canzoni popolari come "Ciuri Ciuri" (musicalmente un bello ska latineggiante) o "Vitti Una Crozza" (un lento reggae colto in percussioni e cori) sono state completamente snaturate dell’originale melodia, trattamento che non è stato invece riservato ad un’altra cover "Teresa, non sparare" la cui melodia inventata dal veramente leggendario Buscaglione è stata giustamente riprodotta su di un gran arrangiamento ska swing di tutto rispetto.

Ancora meglio Roy e band fanno quando affrontano la splendida "Moanin" del maestro batterista dell’hard bop Art Blakey con insistente piano alla "El Pussycat Ska" ed eccellenti assoli sino alla ripresa del tema.

L’ipnotico reggae moderno "E’ Troppo Tardi" dall’atmosfera cupa ed apocalittica non raccoglie il mio apprezzamento più della luminosa "Sicilia Bedda", un veloce e breve ska cavalcato da un Roy Paci in piena forma. Se, poi, "La Vita è Bella" mi ha annoiato, a risvegliare la mia attenzione è stata "Radio Turi", un discreto strumentale jazzoso di Roy che passa direttamente senza pausa alla successiva traccia "Rasta Sempre" che, a sua volta, si trasforma direttamente nell’unica altra cover di Tuttapposto una bellissima versione di "Portami con Te" splendidamente interpretata da una voce femminile. Ottima anche la velocissima, swingosissima "Etnasherpa", strumentale a base di scat e l’elegante ska "Un Colpo di…" cantato da Roy in duetto con un’altra voce femminile di tutto rispetto.

"U Mercatu", infine, che si basa su di un tema familiare ai siciliani e facente parte della tradizione folkloristica canora isolana, è un vero martello ska di gran potenza che mi è piaciuta subito e che ben completa un album che riesce ad appassionare.

Detto questo del disco, mi sia permesso – da siciliano a siciliano - un appunto al leader.

Se, infatti, il bravo Roy Paci mettesse da parte la caricatura di siciliano che si ostina a portare sul palco (sono, però, certo che lo fa in buona fede) renderebbe un gran servizio alla propria regione sfatando un’immagine completamente falsa fatta di film e luoghi comuni (qualcuno di voi lo sa che la mafia – come camorra e ‘ndrangheta – non è affatto fenomeno autoctono ma fu importata dagli spagnoli che già nel 1412 d.c. avevano "onorate società" formate da "uomini d’onore" ?!!) che non onorano certo quella Sicilia che, invece, è stata il centro della civiltà e della cultura del mediterraneo per secoli oltre che madrepatria della lingua italiana!

Ed ora abbiamo pure il Palermo in serie A!

Sergio Rallo

 


Rude Agents - "Heaven In The Sky" - Nutty Life Records. 7"

Già dai tempi degli Spy Eye (ormai quasi una decina d’anni fa), la parte nordoccidentale dello Stivale è stata una fucina in piena attività per il ritmo di stampo giamaicano. La Nutty Life Records, una piccola, ma dinamica etichetta milanese, sempre attenta a cogliere i nuovi fermenti dello Ska targato Italia, lancia oggi i friulani Rude Agents.
Il disco è un sette pollici di colore smeraldo, registrato in provincia di Udine e realizzato in sole mille copie; i pezzi sono due: "Heaven in the sky", e "Meretrice", uno per lato. Con queste due pistolettate gli autori esprimono la rabbia, quel disagio esistenziale, che non può non esplodere in una realtà sociale che si affaccia alle soglie del terzo millennio. I testi colpiscono allo stomaco e lasciano senza fiato per le riflessioni non scontate e per l’approccio deciso, duro, quasi spavaldo della band.
Il primo brano, con ritornello in inglese, ha il ritmo giusto, un suono aggressivo, di denuncia. La cantante Manuela Morana, dotata di forte personalità, stupisce per un timbro e uno stile alla "Siouxsie", che dà un taglio cupo, quasi sepolcrale, alla traccia sonora. Si narra dell’allucinante esperienza di chi si è trovato in un manicomio fin da ragazzino: il "paradiso nel cielo" è allora quel luogo ideale in cui i sogni nel cassetto si realizzano, è l’essere liberi, orgogliosi della propria personalità, la stella polare che ci permette di vivere quotidianamente in questo mondo di pazzi che si affannano ad inseguire falsi valori. "Meretrice" ha invece una struttura più confusa, superficiale, meno originale, anche per il testo.
Questo disco è la prima raffica di avvertimento: i Rude Agents attendono fibrillanti il momento buono per uscire allo scoperto e svuotare il caricatore dei loro Tommy gun.

a cura di Tomaskarini per Rasta Snob



Rude & Visser - "Red Rum" - CD singolo, Grover Records, Germania, 2002.

Dopo il live “Keep The Fire Burning" del 1995 ed il successivo “Best of", entrambi Grover, non avevo sentito più nulla dei Mr. Review se non notizie, per me sconfortanti, che alcuni della gloriosa formazione olandese erano confluiti nei Baby Shakers di Mark Foggo ed in Rude Rich and the Highnotes, facendomi intendere che erano definitivamente spariti.

Al crepuscolo del 2002, però, è con estremo piacere che scopro di essermi sbagliato ritrovando Dr. Rude (voce) e Arne Visser (chitarra, voce, armonica) ovvero i due leader dei Mr. Review (accompagnati dal fedele Remco Korporaal al sax alto come unico altro membro dell’originale formazione), alla guida di una nuova band.

Rude & Visser riescono a riprodurre senza alcuna difficoltà quello stesso ska moderno ed un po’ malinconico che tanto ho apprezzato fin dal 1989 e che, ancora oggi, apprezzo incondizionatamente.

Quello ska, sempre un po’ notturno, mai troppo veloce (come i reggae che non sono mai troppo lenti) e sostenuto da ritmici “tappeti" di organo è, infatti, tutto nelle 4 tracce nuove di zecca di questo Cd/Ep intitolato “Red  Rum" che inizia con la bella “When Feeling Run too High", continua col rocksteady “Fear the River" (si cita la Lambada!), prosegue con lo ska veloce “Shake and Shiver" (sullo stesso stile di favoritissime dal pubblico come “Every Day Another day" o “Another Town") e si conclude con un tipico strumentale alla Mr. Review intitolato “Letter in the Mail".

Un’occasione per i sempre più numerosi affezionati dello ska di conoscere una formazione che ha ispirato molti più gruppi di quanto ci si potrebbe immaginare.

Rude and Strong!

Sergio Rallo
 


Rude Rich and the High Notes - "Change the Mood" (featuring Rico) CD -  Grover Records, Germania, 2001

Rude Rich and the High Notes mi sono piaciuti subito, fin dallo strumentale “Intro" con cui aprono sempre i concerti ed anche questo loro secondo long playing.

Dietro un nome in perfetto stile anni ’60 ed una copertina in stile opportunamente anticata si nasconde una eccellente gruppo di musicisti olandesi.

Come accade sempre più spesso, anche i membri di questo gruppo paiono conoscere alla perfezione ritmi, melodie ed atmosfere della musica del passato e ce li ripropongono con tutti i crismi in un disco “Change the Mood" che spazia dallo Ska strumentale al Rocksteady al Reggae e che arriva anche a quelle ballate Soul che ogni tanto si trovano nelle collezioni di musica giamaicana.

In “Change the Mood" ci sono molte cover di canzoni poco conosciute e che, in effetti, meritavano proprio di essere suonate e riportate a nuova vita come il tardo Ska “Hey Senorita" delle Soulettes, l’early Reaggae “Ten times sweeter than you" di Tony Gordon, il Reggae “Anywhere you want to go" di John Holt, il lento “calypseggiante" e sconosciuto “Beyond" di Lord Creator, o i Reggae dominati dalla tastiera come “Change the Mood" e “Melodies of War" rispettivamente di Jackie Mittoo e degli Upsetters. Giusti i suoni usati. Brillanti i solisti.

Rude Rich & the High Notes, però, non si presentano solo come cover band ma anche come autori di notevoli strumentali tra i quali, oltre alla bella “Intro", l’eccellente “Black Starliner" (la compagni di navigazione di Marcus Garvey che avrebbe dovuto riportare i neri giamaicani in Africa), “The Cat" e “Grandma Ska".

Le versioni dub del pezzo di Holt e dello Ska da ultimo citato concludono una soddisfacente registrazione che possiede pure l’attrazione della presenza di Rico come ospite in 4 brani, oltre che il fascino impartito dai bravi musicisti degli High Notes tra i quali quel Nico Maruanaya già bassista dei famosi Mr Review.

Estremamente collezionabile è già tra i miei preferiti del 2001.

Sergio Rallo



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