linea.gif (2795 byte)



Datadiskadenza  -  "Demodiskadenza"  - AutoprodottO

L’altro giorno capito a Milano fresco dello stipendio di Gennaio e decido di fare un salto nel negozietto di fiducia per qualche acquisto. Tra gli altri mi caska l’occhio sul Cd dei milanesi Datadiskadenza. Così, mosso da intenzioni garibaldine del tipo “io sostengo la scena locale" e incurante del pericolo, sborso la diecimila e mi intasco il ciddì. L’immancabile coda sulla A4 tra gli svincoli di Trezzo e Capriate san Gervasio mi costringono ad una sosta forzata in colonna con altre centinaia di auto. Ne approfitto per estrarre gli acquisti sopra citati e inizio a curiosare il demodiskadenza. Band di 7 elementi, demo con 4 pezzi, copertina fotocopiata, etichetta sul CD ritagliata artigianalmente, disco masterizzato in casa. E’ il nuovo che avanza insomma. L’idea mi piace: perché pubblicare demo su cassetta quando con gli stessi soldi si può masterizzare il tutto?
La strada è sgombra. Ai lati, carcasse d’auto incendiate. Penso ai Vallanzaska e al loro “Pendolare in Sidecar". Si riparte alla volta di Bergamo. 
A casa mi metto al PC e inizio ad ascoltare gli acquisti. E’ il turno dei Datadiskadenza. 4 canzoncine tra cui spicca Sally Brown. Le altre sono: “All my tears", “Tears drop from my eyes" e “Parole in libertà". 
Inserisco il CD, il lettore non reagisce. Non mi preoccupo: è vecchio e i riflessi non son più quelli di una volta. Riprovo: ancora nulla. Altro tentativo, macché. Adesso mi preoccupo. Funzionava fino a 5 minuti fa. Cambio lettore, stessa scena. Un sospetto mi attanaglia. Vuoi vedere che.… Inserisco il CD nel computer: nessun segnale, parametri vitali assenti. Diagnosi: sul CD non c’è registrato un bel niente!!!! 
Rimango attonito. Allibisco!! E questo sarebbe il nuovo che avanza? Bene, rimandato a settembre.

a cura di Antonio Crovetti


Datadiskadenza  – "Demodiskadenza" – Democd autoprodotto 1999

Acquisto volentieri una seconda copia del demo dei milanesissimi Datadiskadenza. Band di 7 elementi. Devo confessare che il secondo ascolto è sicuramente andato meglio del primo [vedi precedente recensione], e come esordio non è niente male. Trattasi di 4 brani, di cui 3 cover ed un original, credo. Si comincia con Sally Brown, dal ritmo piuttosto sostenuto e piacevolmente orecchiabile; segue All My Tears di Alton Ellis & the Flames: un rocksteady di quelli che canterei al mio bambino per fargli fare la nanna, se solo avessi un bambino (è un complimento……) [e tu Antonio ti riconfermi un tenerone]. Conclude il tris di cover Tears drop from my eyes. Veloce, con un paio di stacchi interessanti e col piede (il mio) che tiene bene il ritmo. Conclude la session “Parole in libertà", che immagino sia un pezzo della band. Un pezzo estremamente third wave un po’ all’inglese.

Che dire? Considerando che la band è alla prima prova, non ha molto senso andare a cercare il pelo nell’uovo, nel bene e nel male. Ciò che ho constatato è una notevole padronanza degli strumenti, chitarra e sax in particolare, mentre di contro, la registrazione, probabilmente, ha messo in secondo piano la voce e la stessa ottima sezione fiati. Nel particolare, sembra sentirsi un solo sax: un peccato perché tutti i brani, e in particolare penso a Sally Brown e Tears drop from my eyes, ne escono sottodimensionati. Mai visti dal vivo, ma ho idea che siano notevoli. Li attendiamo ad una prova con un certo interesse. Magari con qualche original in più.  

a cura di Antonio Crovetti


Derrick Morgan & The High Notes - "Live" - CD Grover Records Germania 2003

Scusate, sarò monotono, ma non ci posso fare nulla: anche questa recensione la inizio con un bel "Mitico" indirizzato al leggendario Derrick Morgan, la cui voce, calda e suadente era parecchio che non ascoltavo dal vivo.
La tentazione di fare un breve biografia dell’uomo che insieme ad Aitken e Prince Buster è il più legato all’iconografia  "ska" è forte, ma non me la caverei neppure in 5 pagine, ergo mi butto a capofitto sul bel CD. Detto che il  "Conquering Ruler" è accompagnato da una superband (composta anche da ex dei Mr. Review") che si sta affermando tra le migliori dello ska neo tradizionale come the High Notes, il disco scorre per 11 tracce nella migliore tradizione del King of Ska ormai da tempo cieco:  "Reggae Train",  "Loverboy", la divertentissima  "Don’t Call Me daddy",  "Miss Lulu", ovviamente  "Conquering Ruler",  "The Hop", la bellissima  "Fat Man" (da molti considerata tra le prime tracce propriamente ska) e  "Greedy Gal" sono alcune delle indimenticabili canzoni scritte dal grande Derrick circa 40 anni fa che si rivelano tuttora eccezionalmente attuali e ballabili, compresa la sua invettiva proprio a Prince Buster intitolata  "Blazing Fire". La registrazione è perfetta come lo sono spesso le registrazioni live operate da quelli della Grover (vedi Rico) ed il disco è già storia contemporanea del nostro genere da non perdere per nessuna ragione o verrete inceneriti dal Blazing Fire!

Evviva Derrick Morgan!

 

Sergio Rallo


Deskadena -"Ska Inside" - CD autopr., Italia, 2000

Ska Inside è un demo CD piuttosto curato che contiene 5 brani di ska moderno, allegro e vivace.
La tendenza seguita, o perseguita, dai Deskadena è quella di uno ska pop pulito che ricorda formazioni tipo gli scomparsi Skaladifiura e che strizza un’occhio alla canzonetta anni ’60 (Voglio Solo Te, Non Ci Sto) anche con un pizzico di rock (Un Ragazzo Normale, Specchio Dei Desideri).
Quello dei Deskadena è uno Ska melodico che non concede nulla a jazz e tradizionale pur essendo basato su fiati e tastiere e che ha i propri punti di riferimento nello ska italiano del Nord-Ovest.
Nell’attesa di ascoltare qualcosa di più recente dei Deskadena, assicuro che all’interno del CD c’è proprio musica Ska.

Sergio Rallo

 


Desmond Dekker - "Halfway To Paradise" - Trojan 1999 UK

Quella di Desmond Dacres detto Dekker è, a mio modesto parere, una voce della cui effettiva "soave potenza" ci si può render conto solo assistendo ad uno dei suoi fiammeggianti spettacoli live.
Per chi non ha avuto, invece, l’occasione di assistere ad un suo concerto, bè, può bastare questo disco per darne un’efficacissima idea.
Dico subito, ma spiego dopo, che questo nuovissimo lavoro di Dekker è come un "Principe vestito di stracci".
Dico subito pure che "Halfway To Paradise" è un eccellente disco volutamente, strettamente legato alla più classica tradizione Rocksteady/Ska: brani tradizionali come "Wimoweh", l’incantevole "Island In The Sun" e "Jamaica Farewell" – classici del folklore caraibico - contribuiscono, infatti, a dare quella leggerezza di toni che pervade tutto questo CD nei suoi abbondanti 17 brani e che paiono voler fermare il tempo alle Dance Hall della fine dei Sessanta...
Alcuni, sono vecchi brani tratti dal repertorio di Desmond degli anni ’60 e ’70 e riportati ad un nuovo splendore grazie ad un Dekker in gran forma ed una anonima band (cori compresi) che fa il proprio mestiere dimostrando di conoscere molto bene gli stilemi ed il linguaggio del rocksteady 66/67. Ottima ritmica, non c’è che dire, batteria perfetta, basso notevole, tastiera e piano sapientemente usati come i fiati che, mi ripeterò, in ossequio alla tradizione rocksteady, sono "decorativi" e non preponderanti. Solo due, sono "nuove" composizioni "Why Fight" e "Happy Birthday Jamaica".
Il disco scorre in un’atmosfera solare e rilassata ma, al contempo, così coinvolgente da farti venir voglia di staccare la spina e partire per una vacanza. "Where Did It Go", "Dracula" e la splendida "You’ve Got Soul" sono alcuni titoli che vi snocciolo tanto per il collezionista che avesse voglia di ascoltare che trattamento riserva loro Desmond all’alba del 2000. Canzoni, poi, come "Carry Me" e "Go Tell My People" sono "da orgasmo" per i sensi uditivi e, quando dal Rocksteady "sostenuto" delle predette, si passa allo Ska più accelerato con "sostanzioso" accompagnamento di fiati e cori annessi di "Labour for Learning", l’apprezzamento per questo noto artista di Kingston naturalizzato inglese, crescerà a dismisura. Garantito.
Finisco, però, questa recensione, in volontaria polemica con la Trojan Records, alla quale mi riferivo quando ho paragonato questo nuovo lavoro di Dekker ad un "Principe vestito di stracci". E’ il meno che si possa dire, infatti, dato il pessimo trattamento riservato ad un artista del calibro di Dekker dall’etichetta inglese che pare risoluta a campare sul proprio nome, lentamente facendosi fare le scarpe da etichette che tendono, da anni a valorizzare musica ed artisti come Heartbeat e Jamaican Gold. A conferma di quanto dico sta un CD musicalmente notevole ed in alta posizione nella mia personalissima scala di gradimento, corredato, ahimé, da un ridicolo foglietto d’accompagnamento abbellito dalla solita, anonima, didascalia a sfondo bianco che dice le solite cose trite e ritrite sull’Artista ed ha, peggio, il gravissimo difetto di non contenere nessuna informazione circa i musicisti coinvolti nel lavoro, il "becking vocals", quando è stato registrato, dove, e che fa, per questo, abbastanza girare le palle. E sì che ci vorrebbe così poco per fare qualcosa di appena sufficiente per "presentare" un disco decentemente, per dargli un aspetto appetibile, accattivante…a Milano, le radio che si vedessero recapitare un Cd con quella copertina e didascalia lungi dal dargli "airplay" certamente non lo ascolterebbero nemmeno, nonostante il calibro dell’artista sia indiscutibile.
Resto, comunque, speranzoso che l’ormai quindicennale politica della Trojan possa cambiare…che politica è?

 a cura di Sergio Rallo


The Double Deckers - "Schwotime!" CD, Leech Records, Svizzera 2000

No, i Double Deckers non sono svizzeri, sono una formazione ska jazz della Florida, "Showtime!" è il loro primo, bellissimo album.

Se non vi piacciono gli Articles o la Tokyo Ska Paradise Orchestra o gli Epitones i D.D. non vi possono interessare, ma se arrangiamenti elaborati, atmosfere particolari che viaggiano dal jazz al R&B di alta qualità, allo ska di grande classe è quello che vi piace, Double Deckers fanno per voi.

Ascoltate solo la prima traccia e vi renderete conto di quanto ho ragione. E se non vi basta godetevi il solo di tastiera di "Keep On Pushing" o lo splendido scorrere dei fiati di "Spanish Fly" che diventa delirio di soli (date un orecchio a trombone e piano per capire la bravura dei musicisti).

"I Could Die" è uno skabluesjazz dall’atmosfera notturna e fumosa, atmosfera che viene spezzata dal potente crescendo di una sezione fiati da applausi a scena aperta.

I suoni usati ricordano molto i sopracitati Articles in particolare in "Wendy" ma a distinguere bene i Double Deckers da quelli, sono ska cattivi cantati come "Box Of Lies" che ha un giro – un tema - di fiati più vicino a quanto si sente in campo hard core che ska.

"Havana" è un eccellente ska che è anche uno dei migliori brani di SHOWTIME!

Traccia da me preferita è comunque "Plan B" anche se il motivo è che mi ricorda i californiani Let’s Go Bowling.

Slow Ska tradizionale è "What I Wouldn’t Give" la traccia più carina del disco, coralmente interpretata e trabordante di gioiosa tranquillità: cool!

Anche nel reggae Double Deckers non scherzano affatto: "Pass The Peas" prima di passare ad essere un veloce ska è ottimo reggae. Possiede anche un elaboratissimo bridge.

Inizio da Swing cattivo anni ’40 è la penultima traccia "Bus Stop" che, infatti, si rivela essere uno skaswing alla maniera di Cherry poppin’s D. o Los Hooligans.

Chiude "Luke" canzone che dalle prime note ti fa intendere che "Luke" altri non è che Luke Skywalker!

Bel disco che non ci si scorda d’aver ascoltato.

a cura di Sergio Rallo


Dr. Calypso - "Barbarossaplatz" - Grover Records Germania 2000

Barbarossaplatz è, che io sappia, il 3° album dei Dr. Calypso, gruppo leader dello ska spagnolo (Barcellona).

Considerato che il primo, Original Vol.1, è del ’93 ed il secondo, Toxic Sons, è del ’96 bisogna dire che i Dr. Calypso non sono particolarmente prolifici anche se, come dimostra questa loro prima uscita per la Grover, il loro lavoro è sempre di grande qualità.

Barbarossaplatz, infatti, è veramente un bel disco, pieno di musica (15 pezzi per quasi un’ora tonda di musica) e di idee interessanti.

In parte i Dr. Calypso cantano in inglese come nello ska trad. “Return", in parte in spagnolo come nel funky ska rock “Cort Circuit Neuronal".

I Dr. Calypso, sono (da sempre) a loro agio nel passare disinvoltamente dallo ska reggae “Tu Rostro", bello nonostante il solo di chitarra rock, all’apprezzatissimo slow ska strumentale dedicato a Tommy Mc Cook (Tribut A…); dalla ballabilissima soca di “El Vell Joe" allo ska accelerato con una melodia vocale da ska two tone 100% di “Modern Despot"; dallo ska jazz strumentale di eccellente fattura come “Cinecittà" al Funky – Soul di “She"; dal punky reggae/ragga tecnologico di “Por Favor" al delirante e divertente strumentale “Barbarossaplatz" che, a mio modesto avviso, dominato da un intrigante motivo di tastiera, è lo strumentale più bello e folle del disco.

Meritevole di nota, sono poi la cover di “Born To Be Alive" trasformata dai Dr. Calypso in un accattivante rocksteady sostenuto e lo strumentale in odore di improvvisazione “La Incredibile Traversìa De Puerto hurraco A La Cueva Del Dr. Freud" che, dietro il lunghissimo titolo, cela il brano più breve dell’album (2 e 10!) ed è caratterizzato da una saltellante tastiera che pare fare il verso al mitico tastierista dei Rudies Sonny Binns.

Acquisto più che consigliato sia per gli amanti del tradizionale che per i patiti del moderno.   

Sergio Rallo



 

 

Dr. Calypso - "The Best Of…"  - CD, Grover Records, Germania 2004

20 tracce bastano ed avanzano per dare un’idea del buonissimo Ska che la Top Band barcellonese dei Dr. Calypso ha saputo suonare e suona da dodici anni a questa parte.

Tutte e 20 originali, le canzoni di questo "Best Of…" determinano le ragioni del riconoscimento che i Dr. Calyspo hanno saputo raccogliere in lungo e in largo per l’Europa tra i fan dello Ska.

Mai monotoni, pieni di soul, con un gran gusto per le armonie vocali e per le elaborazioni di ritmi accattivanti, qua e là latineggianti e spesso jazzosi i Dr. Calypso sono da sempre tra le formazioni da me preferite (non solo per un fantastico concerto il giorno del mio compleanno qui a Milano una decina di anni fa e di cui ancora mantengo un vivissimo ricordo) e non è certo un caso.

Le uniche canzoni presenti in Best Of… che non conoscevo sono le cinque tratte dal loro ultimo album (che non ho e ne soffro!) "Mr Happiness" dell’anno scorso (2003) e sono gran belle sia quella che apre l’ascolto del CD intitolata "Let’s Try Again", sia la title track, l’early reggae  "Mr Happiness", che la divertente "Music To Watch Girls By" uno ska two tone dall’atmosfera anni ’60.

La varietà della musica proposta dai Dr. Calypso comprende lo ska gradevolmente punkettoso di "Not Understanding" e di "Toxic" (canzoni entrambe tratte dall’omonimo album del 1996 "Toxic") e gli strumentali classici "Cinecittà" e "Tribut To Tommy" entrambi tratti dall’album "Soul Reggae Rocksteady Ska" del 1999 che, nella discografia dei Dr. Calypso, è quello che preferisco.

Altre canzoni sono tratte dal primo album "Original Vol.1" e la scelta per questa compilation non poteva ricadere che su "Slow Boat To Trinidad", "Pole Man" e "Magreb Ska" che di quel disco sono - ma che caso – tra quelle a me più gradite insieme a "Aquesta Nit" alla cui originale versione è stata preferita quella da vivo presente nel live "On Tour".

"Besto Of…" dei Dr. Calypso è veramente una bella raccolta consigliabile sia a chi già conosce, sia a chi non conosce affatto (poverino!) una delle migliori formazioni spagnole.

 Sergio Rallo
 

 


dr_ring-ding_and_hp_setter_big_ting.jpg (9569 byte)

Dr. Ring-Ding & The Senior Allstars – "Big T’ings" - T’Bwana Sound

Bene, la storia funziona così: tu da piccino ascolti i Madness, gli Specials, i The Beat etc. poi ti rendi conto che canzoni come "Rudy a Message To You" o ""Rough Rider" che magari erano pure i pezzi preferiti, sono proprio belli, e a un certo punto vuoi sapere chi sono quei C. Campbell e D. Livingston cui sono accreditati quei brani, e poi, …lo scopri. Scopri così un mondo di musica incantevole o, meglio, incantatrice, che ti entra nel sangue se hai quella giusta sensibilità per ascoltarla, sia esso Ska, Shuffle, Rocksetady, Rockers, Dancehall, Ska-rock, DJ Skank, Ska-Jazz, Two Tone e, infine ma non ultimo, Dub.
E dopo questo po’ po’ di intro, è ovviamente dell’ottimo Dub quello che troverete nei 14 brani inediti e non di questo nuovo lavoro di Dr. Ring-Ding. Così buono, che è quasi incredibile che a prodursi in un così bel lavoro siano due tedeschi e non King Tubby e Lee Perry. Ma se appunto, i due tedeschi sono Dr. Ring-Ding aka Richie Young e un a me prima sconosciuto H.P. Setter (contornato da una fama di esponente di punta della scena Reggae tedesca), con a disposizione un gruppo di Jive, due di Reggae, tutti già di brillante carriera e gli immancabili All Stars del suddetto Ring-Ding, la cosa non è poi così incredibile.
Lavoro decisamente sofisticato, nel suo mai fastidioso Ska-dub, Rokcsteady-dub, Ragga-dub, Reggae-dub, insomma , nel suo Dub e basta.
Atmosfera onirica "au go go" e una forte sensazione di rilassamento è ciò che proverete all’ascolto di gemme come "Free Spirit", "Luis Gone A Foreign" o "54 Knights vs. The Smoker" e potrete ascoltare geniali e godibili trovate per chi già ne conosce come la "false start" nella Dub-dj version di quella "One Scotch, One Barbour, On Beer" tratta dalla prima uscita discografica dei senior All Stars. Richie Young poi, è incredibile quanto è bravo.
Che canti, suoni la melodica o il trombone, le sue prestazioni sono sempre di grande destrezza, dato che già oggi con la Grover Records e il moskito mail order è un pilastro per la diffusione della musica giamaicana in Europa.
Il lavoro al mix di H.P. Setter è poi impeccabile, ogni dannato suono è perfetto, e di questo CD hanno d’andarne fieri lassù in Germania.
Per tutti quelli, che, quando sono un po’ "così" vogliono fare certe cose, gli viene voglia di stare inerti sul divano, mangiare porcate, fare l’amore e, ovviamente, avere la musica più adatta per eccellenza.
Irie.

a cura di Sergio Rallo

Leggiti l'intervista al dottoreSenti il Dottore in in Live Skaoovie!Leggi un articolo del dottore


dr_ring-ding_slam_di_dance.jpg (12932 byte)

Dr. Ring-Ding & The Senior Allstars – "Ram Di Dance" – Grover Records 1997

Volete sapere la verità? Beh, visto che siamo entrati ormai in una certa confidenza ve la dico: a me il Ragga ha sempre fatto una certa antipatia (eufemismo). L’ho sempre imputata un po’ ai ritmi, la mia antipatia, nonché ai suoni digitali ed elettronici che, al mio orecchio, risultano sempre piuttosto fastidiosi.
È stato quando ho conosciuto il lavoro di Dr. Ring Ding & i suoi bravissimi Senior Allstars che mi sono reso conto di quanto possa essere bello il Ragga, se suonato da un’orchestra Ska.
Perché questo gruppo di Münster, lassù nella fredda Germania del nord, è veramente un gruppo colto, che saccheggia, sminuzza, e ricompone tutta la musica degli ultimi quarant’anni giamaicana, senza mai la minima caduta di gusto e precisione. Senza contare che a Dr Ring Ding si deve parecchio nell’ambito dello Ska, per l’opera di divulgazione degli interpreti di questa musica con l’etichetta Groover Records.
Ram Di Dance, loro secondo CD, raccoglie 12 pezzi che spaziano in gran parte di tutti i possibili generi derivati dallo "Shuffle" giamaicano fino ad oggi.
Strumentali in piena tradizione Skatalites come "Call 809", Ragga-Ska come "My Sound", Ska-boogie come "Dance All Night" in puro stile Aitken, Ragga-DanceHall-Dub come "Ram Di Dance", Ska-jazz in stile Tokyo Ska Paradise Orchestra o New York Ska-Jazz Ensemble come l’eccellente "Song For My Father" e per finire un’eccellente version di "Run Run" di Delroy Wilson sono i non esaustivi ingredienti di un CD da non perdere. Ritornando a quello che avevo detto all’inizio, pezzo preferito "Call Di Doctor", il più Ragga di tutti!

a cura di Sergio Rallo


Dr. Ring-Ding & The Senior Allstars with Friends - "Diggin Up Dirt The Version Album ('95-'99)" - Grover Records 1999 Germania

Due toasters americani King Jango (quello degli Stubborn Allstars) & Rocker T che uniscono le forze con un mitico amico tedesco, in pienissima forma, per ricantare, discorrere e, in definitiva, per divertirsi su ritmi degli ultimi 4 anni, a velocità da raggamuffin, col fine di creare nuove, diverse atmosfere dalla stessa musica che, poi, non risulta più così la stessa…vabbè, è l’effetto che proprio si ricerca con le versions, le rielaborazioni in studio, di tracce strumentali (da semplici riempitivi a forma d’arte a se stante, questa, in brevissimo, la ragione di questo stile).
C’è occasione, anche per tirare fuori, da un cantato, un ottimo rocksteady strumentale come "Little One" ed elaborato dub come "Georgia Dub"; come di riarrangiare, rimixare "My Sound", rifischiettarsi letteralmente "In the Mood For Love" impreziosendola con a-soli e così via per 15 Versions che meritano tutte la maiuscola.
Ottima "The Sheikh’s Feast" in geniale stile Sir Lord Comic e ottime pure la Version strumentale di "Adorable You" qui intitolata "Susi" ed il super cocktail "Golden Gate"in vero stile Seventies.
Complimenti, come al solito, a Dr. Ring Ding & Band!

a cura di Sergio Rallo


Dr. Ring ding & The Senior Allstars - "Big Up!" - CD Grover, Germania 2001

Non ci si può aspettare che eccellente musica dal Nostro dr. Ring Ding e l’ascolto di Big Up! , ultima fatica discografica del trentenne cantante, trombonista, compositore Richie Jung, conferma le aspettative.

Rimarrà deluso – diciamolo subito – chi si aspettava un lavoro più tendente al tradizionale perché in Big Up !  è il Dance Hall ad avere la meglio sullo Ska originale, non tanto per le variegatissime ritmiche, ma piuttosto per un sound generale che, anche in veloci Rocksteady strumentali dall’impianto jazzistico come il bellissimo “Spy Fly", vede intervenire la melodica.

Molto anni Settanta è l’ottima versione Ska/Reggae del Dr. di “Move On Up" del mitico soulman Curtis Mayfield, un brano interpretato da Richie in parte con un ragga style che ricorda sempre di più Shaggy e che fa un bell’effetto.

“Little Girl" è un vero Lover con tutti i crismi, dalla tematica al DJ e lo segue “Ruckumbine" una delle canzoni Skalypso più famose dei Caraibi, in una versione Ragga/Drum’n’Bass dall’effetto martello e che, di certo, non susciterà gli entusiasmi dei tradizionalisti i quali non si potranno ritenere soddisfatti neppure con la cover “I Don’t Love You Anymore" di Byron Lee & the Dragonaires, un brano Ska/R&B non dissimile dall’originale e di cui, durante le infuocate serate musicali giamaicane, si poteva benissimo fare a meno.

La canzone che dà il titolo all’album è, a riconferma del sempre più prevalente interesse della formazione nel genere, un Reggae/Ragga che, nonostante ciò, senza elettronica tra le balle e con l’efficientissima sezione fiati dei Senior Allstars a dipingere giri d’ispirazione Supersonics, è un gran bel brano anche per chi ha in uggia le nenie da “raggamuffer".

La cultura musicale della formazione tedesca è onnicomprensiva di tutti i generi e sottogeneri derivati dallo Ska e, quindi, quando si cimenta in un ennesimo strumentale Ska/Jazz tradizionale come il notevole “Gimme Rice" o nell’inflazionata cover di “Push Wood" del leggendario Jackie Opel, il risultato è eccellente sotto tutti i punti di vista: è Grande Ska.

In ogni caso, il tiro, l’esecuzione, il lavoro al mixer, la produzione di Big Up! lo rendono un album da ascoltare in continuazione senza tema di annoiarsi, come nel caso della piacevolissima “Changed" interpretata dal sempre più giamaicano Dr. Ring Ding che ha un pizzico di Hip Hop in più nella voce e che ritmicamente, è un veloce e classico Rocksteady.

Non poteva mancare una super traccia Dub come nella tradizione degli ultimi album, la troviamo al  12° posto, un vero Strumentale Dub, con tastiera e melodica a farla da padroni su un ritmo carico e potente che “invoca" le atmosfere di molti strumentali dei Randy’s Allstars; il titolo è “Road Stop" ed è un pezzo sicuramente da non perdere.

In definitiva, Big Up è una album con cui si strizza un occhiolino alla classifica e lo si fa con molta eleganza e soprattutto traendo ispirazione dai tre precetti fondamentali di uno Ska man: “One Music" “One Culture" “One Nation".

Estivo.

Sergio Rallo


Dr. Ring Ding & The Senior Allstars (meet) Victor Rice - "Pick Up The Pieces" -  CD, Grover Records, 2001 Germania

Una coppia come quella costituita da Dr. Ring Ding e Victor Rice la quale aveva egregiamente sollazzato con il CD “Diggin’ Up Dirt" quelli di SkabadiP amanti il Dub di alta qualità, non poteva che riproporsi con un altro album veramente da sollazzo. Fisico e mentale.
“Pick Up The Pieces", a differenza del disco più sopra citato, è veramente la “version" dell’ultimo album di Ring Ding ed i Senior dal titolo “Big Up" ed alla recensione del quale rimando senza indugio per i titoli delle tracce originali (anche se non tutte sono state inserite in Pick Up The Pieces) e per le considerazioni sulla formazione.
Questo nuovo disco Dub è, comunque, solo un (buon) pretesto per l’Esimio Victor Rice di fare bella mostra della maestria dallo stesso raggiunta ai mixer.
Rice, infatti, è uno di quei personaggi che è in grado di tirar fuori da uno stesso brano innumerevoli differenti versioni, fino allo sfinimento; Victor taglia, cuce, inserisce echi e riverberi, spezzetta e ricompone i ritmi, isola gli assolo o ingigantisce un singolo suono per renderlo “caratterizzante", tanto che, spesso, il risultato ricorda solo vagamente l’originale (per esempio Move On Dub e Girls Them Dub, rispettivamente versions di Move On Up e Big Up).
La tensione, rispetto agli originali, si smorza, degrada e sparisce, per lasciare spazio alla sognante rilassatezza del mondo un po’ subacqueo del dub.
Reggae fans e malati di tecniche di mixaggio, ricettatori di dub album e semplici appassionati del genere sono avvertiti: “Pick Up The Pieces" contiene 13 dub di alta qualità.            

Sergio Rallo


 

Dr. Ring Ding & the Senior Allstars - "Golde Gate, The Best Of" - CD Grover, Germania 2002

“Golden Gate", con il meglio del Dottore in ben 18 tracce, vuole essere l’epitaffio della formazione che, dal proprio debutto nel 1994, ha fattivamente partecipato a dare un impulso notevole oltre che ulteriore lustro alla nostra amata musica Ska.
Richie Jung, aka Dr. Ring Ding, dopo aver dilettato in voce e trombone il pubblico europeo, getta metaforicamente la spugna sul “ring" dello ska per dedicarsi ad altro ed io, che gli sono debitore di parecchie belle serate in cui la colonna sonora era sua, gli auguro vivamente di trovare altri percorsi che possano dargli maggiore soddisfazione e più completa realizzazione artistica di quanto non abbia fatto la musica giamaicana. Io, comunque, resto suo ammiratore.
La compilation, che prende il titolo dall’omonimo dub presente sull’album “Diggin Up Dirt",  ripercorre non cronologicamente e non completamente, la discografia di Dr. Ring Ding (8 album compresi quelli come backin’band di Lord Tanamo e Doreen Shaffer e quello con H.P. Setter, più 3 Ep e qualche 45 giri).
Questo Best Of, come ben possono immaginare coloro che hanno seguito in questi anni il gruppo, è una raccolta che comprende parecchio ska, rocksteady e reggae piuttosto influenzati dal ragga della cui parlata Dr. Ring Ding s’è reso uno dei migliori interpreti bianchi che abbiano avuto la possibilità di calcare le scene.
Ritmiche che ultimamente tendevano al D&B (“Call di Doctor" o “Ruckumbine") si accavallano a ritmiche ed ambiti tradizionali (“Shame and Scandal" e “Big Man"), strumentali di ambito ska jazz tipo “Dandimite Ska" (mi stupisce, però, l’assenza da questo Best of della potentissima e largamente apprezzata “Green Pepper") ad ottime dub version (“Turn It Down").
Toasting e Dj (“Save a Toast" e “Sailing"), ragga e rocksteady lover (“Little Girl"), soul e ragga (si ascolti la splendida “Move on up"), dub e ska puro come il diamante è quello che ulteriormente si può trovare in “Golden Gate", raccolta che soddisfa ampiamente chi conosce poco la band e solo un po’ meno chi ne ha seguito i trascorsi.

Arrivederci, Dr. Ring Ding!

Ah, dimenticavo, secondo alcune voci i Senior Allstars potrebbero continuare la loro attività nonostante la dipartita di Richie come già fatto nel disco “Sniff" (Grover 1999), staremo a vedere ed ascoltare.

Sergio Rallo

 



Dr. Woggle and the Radio - "Suitable" -  CD, Elmo Records, 2001 Germania

Dr. Woggle & the Radio è una nuova formazione tedesca di cui non conoscevo l’esistenza.

Suonano Ska “a tutto tondo", con reggae, rocksteady, strumentali e cantati, assolo ed arrangiamenti di fiati, un pizzico di Two Tone, tradizionale ed una tendenza Pop piuttosto netta.

Dr. Woggle con Suitable propone un sostanzioso numero di brani per parecchi minuti di ascolto dato che ben 11 pezzi su 14 superano abbondantemente i 3 minuti di durata. Melodie facili, orecchiabili e, un po’, “orecchiate" sono sparse qua e là senza riuscire ad accendere grandi entusiasmi.

Nonostante una generale carenza di novità, di trovate ritmiche o di qualsivoglia “guizzo" creativo e, nonostante la presenza di melodie e ritornelli piuttosto scontati come le tematiche trattate nei testi, Suitable regala, comunque, qualche momento di buon vecchio Ska sicuramente gradevole come lo strumentale che ne apre l’ascolto: “Radio Tune". Bisogna, però, arrivare alla 5° traccia per trovare qualcosa di interessante come la cattiva, twotonish, “Never Ride A Camel". Segue un gentile ska “When I See Your Eyes" che è obbiettivamente carino come è pure il pezzo “Ten Nine Eight Seven Six" (che è il numero dei cannoni allegramente fumati dal personaggio della canzone). Ripeto, carini ma poco interessanti.

Così, ad un ascolto meditato, mi vien da pensare che Dr. Woggle se la cavi molto meglio quando tende allo ska Two Tone che non al tradizionale dato che anche “Mount Zion" possiede quella tendenza che, vuoi per la tastiera, vuoi per la melodia vocale è da annoverare tra i momenti di buon vecchio Ska di cui dicevo poco sopra.

Dr. Woggle sembra alle volte ispirato agli Ngobo Ngobo, altre, pare prendere ispirazione da certi Ska tradizionali dei Wailers tipo Put It On (è il caso di “You Don’t Know Me") e, infine, altre ancora, pare prendere ispirazione da certi gruppi roots (“Fire Your Guns").

Buono, ma non essenziale.

Sergio Rallo


Dr. Woggle & the Radio - "Bigger is Tough" - CD Grover Records, Germania 2003

Il secondo album di Dr. Woogle mi piace decisamente più di quello di debutto.

"Bigger is Tough" inizia, infatti, con un terzetto di buoni reggae in uno stile che mi ricorda quello – ottimo - degli scomparsi Shot Black and White anche se meno incisivo. "Guidance", "Lions and Dogs" e ""Fellas", infatti, si dimenticano facilmente.

La quarta traccia, su 12 che compongono l’album, è un rocksteady leggero, con gran bell’accompagnamento di piano e chitarra, mentre bisogna aspettare la quinta traccia per ascoltare il primo ska di Bigger is Tough intitolata "Next Days".

La collaborazione di Dr.Ring Ding nel moderno rocksteady/ragga/dance hall intitolato "Shituation" non è abbastanza per rendere interessante la traccia che si prolunga per 6 minuti e mezzo senza motivo ed alla quale preferisco la soulful "How true is Your Love" e la successiva "Brother" anch’esse due reggae moderni.

Le tracce che ho preferito, però, non potevano che essere degli ska e se "I Can’t Say" è proprio carina "Rhythm and Soul" è un bello ska/rock/soul potente ed eccitante.

Altro reggae ("No More Wailin’") e tranquillo rocksteady decisamente poco originale ("The Taste of Your Love") concludono Bigger is Tough delineando Dr. Woogle & the Radio come una formazione reggae che si dedica anche allo ska piuttosto che il contrario.

Consigliato all’appassionato di reggae lover e di morbido rocksteady.

 Sergio Rallo

 

 


duck_soup_planet_ska.jpg (9241 byte)

Duck Soup – "Planet Ska" – Sidekicks Records 1998

Mai sentiti nominare prima di avere in mano il loro disco opportunamente intitolato "Planet Ska" e dalla copertina piuttosto bruttina, i Duck Soup sono un gruppo danese di cui non sappiamo precisare neppure la città d’origine.
Per un orecchio che già da una decina d’anni conosce la musica di gruppi nordici come i Busters, i Mr. Review e i Mark Foggo’s Skasters, i Duck Soup non hanno nulla d’aggiungere al panorama dello Ska moderno.
Per i patiti della nostra musica, Planet Ska dà un impressione generale di "già sentito". Potrebbe essere invece un’ottima introduzione a un certo genere di Ska che ha le sue origini nel 1979-80, per chi di quegli anni e dei suddetti gruppi nord-europei non ha mai sentito nulla.
Indubbiamente il disco è prodotto bene, ma manca di originalità come i lavori di Mother’s Pride, Turned Around Turtless.

a cura di Sergio Rallo



Eastern Standard Time – "Off The clock" EP, Leech Records, Svizzera 2000

Dopo il loro notorio LP "Second Hand" (stessa etichetta), molto ben accolto da pubblico e critica, riecco questo elegante gruppo ska jazz di Washington con nuove registrazioni.

6 tracce, le prime 3 registrate in studio mentre le rimanenti "colte" dal vivo, che riaffermano E.S.T. come una delle più brillanti formazioni americane del genere.

Gli americani aprono "Off The Clock" con una poco nota composizione di Alphonso dal titolo "Sucu Sucu" il cui originale è rintracciabile in un recente doppio CD della Heartbeat americana; molto ben riarrangiata devo aggiungere. Gli E. S. T. proseguono poi con "Black Sunday" il cui noto tema è impreziosito dalla parte dei soli e concludono il primo lato di questo 10 pollici con l’elaborato "Return Of The Profet", uno strumentale in cui forti si sentono le influenze (anche per loro!) degli Skatalites più che di Sonny Rollins o Coltrane.

Il lato B, quello delle tracce registrate "sul palco", differisce dal precedente per la maggior velocità delle esecuzioni e la loro ovvia maggior vivacità dovuta all'immediatezza. Ammirevole la precisione dell’ottima ritmica e la bontà dei suoni; prima "Sei Pazzo", poi "Three Steps Away" ed infine (la più veloce e sostenuta) "Jet Lag" assicurano buone vibrazioni.

Belli gli a solo sia in studio che live. Non perdeteli se suonano nelle vicinanze di casa vostra! Il disco è estremamente collezionabile per l'integralista di Ska/Jazz.


a cura di
Sergio Rallo



Eastern Standard Time - "Time is Tight" -  CD, Grover Records, Germania, 2001

In “Time is Thight", secondo album degli EST di Washington, si coglie chiaramente la tendenza  del gruppo – comune a tante formazioni analoghe - a non voler rimanere un gruppo solo strumentale.
Questo vale anche se l’indubbiamente bel disco in discorso si apre con il notevole strumentale dall’italianissimo titolo “Sei Pazzo".
Il primo brano cantato che incontriamo è il rocksteady “That Girl" di Winston Riley che, a differenza dell’originale, ha un sontuoso arrangiamento di fiati che fa da contorno al valido cantante. Più avanti nel disco c’è anche un’ottima versione degli EST della bellissima canzone ska “Sit Down Servant" di Jackie Opel.
Le due cover di cui sopra - ben riuscite - omaggiano la tradizione musicale giamaicana, intento positivamente perseguito dagli EST anche con la ricercata cover del rocksteady/reggae “Why Did You Leave Me", traccia conclusiva del CD, il cui famoso giro di baritono si apprzza in tutta stereofonia. 
EST propongono anche una loro versione della famosissima “Perhaps Perhaps Perhaps" cantata da un diverso vocalist che canta anche la traccia dal titolo “Poor Joe", una canzoncina dall’approccio calypso/swing costruita su una musica di Alfonso e rientrante tra i più entusiasmanti pezzi di Time is Tight.
Tra i migliori brani del nuovo album degli EST rientrano e vi segnalo anche gli strumentali “Eternal Circle", “Three Steps Away" e “Jetlag" che confermano la band statunitense tra le migliori dello Ska’n’Jazz.
Ricercato. 

Sergio Rallo

 


ednas_goldfish_before_you_know_better.jpg (7081 byte)

Edna’s Goldfish – "Before You Knew Better…" – Ska Satellite Records

Cosa dirvi degli Edna’s Goldfish? Innanzitutto che sono una band formata da sette elementi provenienti da Long Island (NY), e che suonano uno Ska che si discosta un tantino dalla norma di SkabadiP, più portato verso la tradizione in levare, quindi la recensione di questo prodotto mi è stata affidata dal prode Alessandro in quanto sono lo scapestrato della SkabadiP-crew a cui piace ogni genere di Ska dagli Skatalites sino ai Mighty Mighty Bosstones passando per il Two-Tone (che prediligo).
E che genere di Ska ci propinano questi sette simpaticoni che in foto somigliano più ad una Hip-Hop band che ad un gruppo a scacchi bianco-neri? La definizione che si può dare di questo genere è Ska-Punk in bilico tra Two-Tone e terza ondata americana con una spiccata tendenza verso quest’ultima.
L’inizio è affidato a "I’m your density", pezzo veloce da pogare con una bella voce potente e fiati a tessere la trama ritmica, nella seconda canzone (Eventually, any way) la base è affidata alla chitarra saltellante con la tromba che ogni tanto si inserisce, molto simile alla precedente canzone come a quella che segue (Just less). Il ritmo rallenta in "Sunrise to Sunset" ed i toni si avvicinano al Traditional dandoci l’idea di un tranquillo bighellonare dall’alba al tramonto, Two-Tone arrabbiato in "This is not Here" con assolo di tromba, "Story" riconferma lo stile degli Edna’s così come "Perfect day" anche se il ritmo decelera un pochino. Il CD prosegue su questo tono per tre canzoni che sono: "24", "If you want it" e " Trace your steps" per discostarsi con "Purple" e "Gone away", la prima con sentore di Raggamuffin e la seconda con un inizio tetro che lascia poi spazio ad un allegro e saltellante Ska che chiude il disco.
Tutto sommato un disco abbastanza monocorde in cui le due trombe la fanno da padrone su trombone e sax che si sentono raramente, comunque un prodotto abbastanza valido se si pensa che la Ska Satellite Records, sussidiaria della Moon Ska, offre questi CD ad un prezzo decisamente inferiore (8-10 dollari contro i 15 normali) per propagandare e far conoscere questi gruppi emergenti.

 a cura di Massimo Boraso


Engine 54 - "Tribute"  - CD Grover Records, 2002 Germania

Osti come passa il tempo…per fare il loro secondo album (almeno, per le notizie in mio possesso) i tedeschi Engine 54 hanno aspettato la bellezza di anni 7. Nonostante il tempo passato, devo dire di aver trovato la formazione tedesca esattamente come ai tempi di 54/95 (questo il sintetico titolo dell’album di debutto per l’etichetta Heat Wave), ovvero in ottima forma.
“Tribute" possiede, infatti, lo stesso mood, il sentore generale di 54/95, persino lo stesso sound…non a caso, guardando meglio le note al Cd, noto che è lo stesso anche il produttore.
Come quello che lo ha preceduto, “Tribute" è un disco ricco prevalentemente di cover tratte dai più o meno classici giamaicani. In Tribute, gli Engine 54 rendono omaggio a Desmond Dekker con le loro versioni di “Archy Wah Wah" e di “Problems" e al grande Ken Boothe con una versione di uno dei suoi brani ska di maggior forza, “You’re No Good" fortunatamente più lunga della versione originale. Il Tributo degli Engine 54 è a “tutto tondo", e non vengono dimenticati neppure Toots con una versione del tutto diversa dall’originale della sua “Bla Bla Bla", Justin Hinds con la sempreverde “Rub Up Push Up" riarrangiata nella melodia vocale come la precedente, né vengono dimenticati la regina del rocksteady Phillis Dillon con “Stay Away" ed il re del soulful reggae John Holt con “The Tide Is High".
Il sottotitolo di “Tribute" recita: “Johnny Reggae presents 13 smashing Rock Steady Gems" e sono d’accordo.
Unica critica che accomuna Tribute col precedente 54/95 è un certo riverbero che attribuisce, ancora una volta, più un suono da Dub al lavoro degli Engine 54 piuttosto che da tipico Rocksteady o Ska com’era quello del 45 giri di debutto “No Means No" tutt’ora tra i migliori brani Ska nella mia personalissima scala di gradimento.
Ah, già che ci sono, c’è anche una formazione americana di Olympia (WA) che si chiama(va) Engine 54 che fece un omonimo CD nel 1996…chissà che l’anno prossimo non esca anche il loro nuovo album!
Comunque, tornando a “Tribute" ed agli originali Engine 54, è un disco che consiglio ai patiti di Rocksteady cantato ed ai collezionisti di buona musica, da ascoltarsi a volume decisamente alto per provare sulla pelle la ritmica.

Sergio Rallo

 


Enjoint - Demo CD - Autoprodotto

A metà tra divertimento ed una canna: Enjoint. Il nome, di quello che per loro stessa dichiarazione è il primo gruppo ska della provincia di Padova, rispecchia il loro programma e cioè musica + divertimento + liberalizzazione.
Disinvolti tra reggae ( carina "Our Brotherhood"), ska-punk ("Skappa", appunto), ska ("Lei") e ragga (" Raggalize It"), gli Enjoint hanno una sezione fiati che si diverte e fa divertire, specie nell’ultimo, ballabilissimo, pezzo citato; un cantante dall’inconfondibile cadenza, una ritmica ondeggiante e parecchie idee buone come in "Jamaica Sound".
I testi in italiano non rientrano tra i migliori che abbia ascoltato, anche se "Raggalize It" è parecchio divertente.
La strada per gli Enjoint è (come per tutti i gruppi emergenti) in salita, ma da ciò che ho ascoltato nel loro Demo, è senz’altro quella giusta.

a cura di Sergio Rallo



Etra - "Il Bello ed il Cattivo Tempo" - CD Autoprodotto, Italia 2002


Lo ska core è il genere cui è ascrivibile questa nuova, divertente formazione che risulta essere particolarmente melodica e vivace.
In particolare, si coglie in questo Demo CD di 5 tracce, originalità e capacità di porsi oltre le solite ispirazioni Operation Ivy, MMBostones, Skankin’Pckle etc. tanto in voga.
Gli Etra (2 chitarre, tastiera, basso e batteria) lo dimostrano in tutte e 5 le tracce, tendenti ad un crossover tra ska, rock e hard core che ha melodicamente i maggiori punti di riferimento in gruppi che ska non sono e di cui la prima in ordine di ascolto è la coinvolgente “Ballando Ska".
Solo un’altra canzone è in italiano (le altre tre sono in inglese) ed è quella che chiude l’ascolto di “Il Bello ed il Cattivo tempo" intitolata “Sei Tu".
Quanto ad originalità gli Etra con la traccia “Photos of a Bonfire" propongono una riuscita miscela ska/core/rock’n’roll/reggae che non mi era mai capitato di ascoltare prima ed un punk rock elettrico intitolato “Angry".
Gli Etra sono un gruppo che gli appassionati del genere farebbero bene a tenere d’cchio.

 

Sergio Rallo


The Equators - "Hot" - Ace Boon Tune, UK 1999

"Tanto di cappello" è il caso di dire in riferimento al nuovo elaboratissimo CD degli Equators, gruppo leggendario di Birmingham che, nell’ambito del nostro genere, non può che definirsi "storico", datandosi la loro nascita nel 1975. 
"Buon sangue non mente" (il nucleo principale della band è costituito da, guarda caso, figli di immigrati giamaicani, i fratelli Bailey) e, infatti, gli Equators vennero scritturati dalla Stiff Records, un’etichetta più che famosa per chi ha seguito tutta l’epoca Two Tone e di cui gli Equators, alla pari con i Clash, sono stati in qualche modo dei precursori; con detta etichetta Equators si trovarono pure a collaborare col grande Desmond Dekker nell’album "Black & Dekker" del 1980.
Bene, eccoli, insomma, gli Equators ancora sulla scena con un nuovo album che più "Hot" non si può.
Oh, che nessuno si aspetti roba tradizionale, perché gli Equators non seguono alcuna moda o tendenza del momento, proponendo 15 canzoni molto diverse l’una dall’altra (16 con il "ghost track") ma tutte sostenute da una notevole energia e da potenti ritmi derivati dal reggae e ska, generi ispiratori del lavoro degli Equators i quali ultimi si divertono a miscelarli con Rock, Soul, Funk/Hip Hop ed una spruzzata di Punk.
Gli effetti creati dagli Equators possono quindi variare dall’allegro Ska/HipHop "Age Of Five", allo Ska/Soul di "Mr. Copper", dal Funk/Soul/Reggae di "Africa" (piuttosto assordante per i miei gusti), all’eccellente Reggae dall’atmosfera Two Tone "Feeling High"- ancora – allo Ska/Rock di "What Can I Do", al modernissimo "More Than a Person", al notevole Reggae/Hip Hop "Supe Stupid" che, in un certo grado, mi ricorda qualcosa di Lee Perry e dei Fishbone.
Mi piace molto la voce leader e l’abbondanza della sezione fiati in quasi tutto il disco, ma, in particolare nella bellissima "If You Need Me" e nella ottima "Rescue Me". Divertentissima, poi, "Hip Hop Lyrical Robot" che ha un impatto particolarmente Funky che mette in un buon mood danzereccio come quella che a ruota la segue: lo ska/reggae dal titolo "Learn My Lesson".
Chi non li ha potuti vedere recentemente a Milano speri pure in una loro prossima serata italiana e, nel frattempo, si ordini "Hot" nell’unico modo possibile e cioè contattando direttamente la band via email , ne vale la pena.

a cura di Sergio Rallo


errol_dunkley_the_early_years.jpg (9024 byte)

Error Dunkley – "The Early Years" the 1964-1973 recordings – Rhino Records 1996

Eccetto per gli appassionati di Reggae in senso stretto – e che senso è? - Error Dunkley non è un nome familiare ai più, e spesso anche gli appassionati di Reggae in senso stretto lo conoscono magari solo per la sua "Cinderella", il brano che si ritrova più spesso nelle innumerevoli compilations Reggae, o per la più recente Hit "Ok Fred" del 1979.
Il CD di cui parliamo contiene 16 brani che sono genialmente messi in ordine cronologico. Dico genialmente perché si può apprezzare appieno l’evoluzione dei ritmi dallo Ska al Reggae e l’evoluzione nel canto dell’artista. Il che, per i maniaci un po’ come me, risulta sempre illuminante nel capire più profondamente lo svilupparsi di un linguaggio musicale nel corso di nemmeno un decennio.
Diciamocelo così, tra noi, senza voler male a nessuno: la qualità del CD è una vera merda, nel senso che musica bellissima come quella di Dunkley meriterebbe un trattamento migliore di quello di essere registrata direttamente da pessime copie dei vinili originali, su tecnologia digitale come un CD.
Ma è comunque la musica che, nella sua bellezza e nel suo mai stancante ritmo, prevale sugli incredibili scoppiettii e fruscii di fondo, in canzoni sensuali e ipnotiche come "The Scorcher", "Why Did You Do It?" e la mia preferita "I Am Not A Man For You": splendida la melodia della voce su un’eccezionalmente rotolante ritmica.
Un Capitolo di Storia di musica giamaicana.

a cura di Sergio Rallo


easy_big_fella_eat_at_joeys.jpg (6959 byte)

Easy Big Fella – Eat At Joey’s – Moon Ska Records 1997

Wow! Ma questo secondo album del gruppo "punta di diamante" dello Ska nell’ex-patria del grunge è un sorprendente viaggio musicale. E divertentissimo, pure! Notevole la capacità della band di creare atmosfere e colori differenti per ogni brano, giocando con soluzioni armoniche e ritmiche sempre di gradevolissimo ascolto, anche quando Easy Big Fella non suona Ska come nella quarta traccia "We Don’t Have To Go". Quando poi ti fai per un istante l’idea che possano essere classificati un po’ Two Tone, eccoti una bella versione "made in Seattle" di "Rude Boy" di Bunny Wailer. Se questi poi ti fa pensare che siano un po’ "traditional", eccoti uscire dallo stereo una "Rump Shacker" molto notturna e caratterizzata da un ritmo che adoro, molto stile fine anni ottanta.
E per togliervi ogni possibilità di inquadrare questo gruppo in una qualsiasi skategoria, se non quella di essere americani, basta l’ascolto delle armonie vocali e dei ritmi che gli EBF propongono nella luminosa "Door Room" e nella reggaeggiante "Come Back To Me".
Probabilmente una delle più spensierate e vivaci registrazioni dello scorso anno.
Ed io, da allora, ancora a mangiare da Joey’s.

a cura di Sergio Rallo


The Ethiopians - "Reggae Hit The Town" -  Trojan UK 2000

Personalmente, gli Ethiopians, io li adoro.
Facile, direte voi: a questo piacciono tutti! O quasi, aggiungo io.
E’ vero, ma ogni gruppo mi piace per qualcosa di diverso; gli Ethiopians, in particolare, per le canzoni registrate tra il ’67 ed il ‘68 ed i ritmi su cui quelle vennero cantate.
Penso ai sincopati ritmi di canzoni decisamente sui generis anche nei testi come la divertentissima "Hong Kong Flu" ("It’s Terrible and dreadful, man!), o l’incredibile "Well Red", sulle fumate d’erba (dalla cima rossa, ovviamente) che l’autore, Leonard Dillon lead singer degli Ethiopians di sicuro s’era fatto prima e durante la composizione e registrazione della suddetta; e, ancora, penso a capolavori, ripresi successivamente migliaia di volte, come "Everything crash" e a capolavori e basta come "Everyday Talking", "Mothers Tender Care", "What a Fire" e "Woman Capture Man". Sono quasi tutti brani prodotti da J.J. Johnson e suonati da Bobby Aitken and The Carib-Beats, all’epoca, certamente una delle formazioni più innovative della Giamaica. Non so ancora se i particolari ritmi di cui sopra sono arrangiamenti dell’ottimo Dillon (vocalmente anch’egli originalissimo) che è d’altronde l’autore accreditato dei brani, o se erano "trovate" di Bobby Aitken, sta di fatto che nulla di similare c’era stato nello Ska e Rocksteady precedenti.
Detto questo per autocompiacermi degli Ethiopians, il CD apre con un bello slow-ska dal titolo "Owe Me No Pay Me" che mi ricorda lo stile di Justin Hinds e fu registrato nel 1966 quando ancora gli E. erano in tre, prima della dipartita per altri lavori più sicuri di Aston Morris che, automaticamente, faceva diventare il trio un duo composto da Dillon e dallo sfortunato Stephen Taylor, poi tragicamente scomparso in un incidente automobilistico nel ’75.
Rispettando la cronologia evolutiva, segue "Cool It Amigo" un ottimo rocksteady inna rude buoys stylee, seguito a ruota da un entusiasmante rocksteady/reggae, dalla splendida linea di basso ed accompagnamento di chitarra, intitolato "Fire A Mus Mus Tail" (anche se, a dire il vero, le parole del titolo sono latitanti nel cantato) ed infine, 4° brano dall’inizio, il bell’early reggae che ha dato il titolo a questo primo CD datato 2000 che recensisco: "Reggae Hit The Town". Interessante per le voci (di nuovo in tre per l’aggiunta di Melvin Reid) che richiamano l’infinito tema del treno, carissimo alla musica giamaicana proprio grazie agli E., e mitico, poi, per il talkin’ ed il "borbottante" sax che, se non mi sbaglio, è quello di Val Bennett.
Questo CD di brani ne contiene altri 22! Tutti poco noti ed incredibilmente belli per restare tali.
Dubbi sulla correttezza della lista dei brani nel CD sorgono per "I Am Not A King", accreditata a Delroy Wilson (cfr recensione Cool Operator) e che non è il pezzo cantato, quest’ultimo essendo verosimilmente intitolato, al contrario, "I Am A King". E’ comunque un grande reggae con accompagnamento di fiati.
Vere "perle" di questo CD, in breve ed oltre la copertina dove c’è addirittura la foto del mitico "Engine 54", sono "My Testimony", la mia preferita "Mek You Go On So" (brano che mi manda in trance tra buone vibrazioni elargite dalla voce di Dillon e la ritmica sinuosamente rotolante e travolgente), la sognante e dolcissima "Here I Come". Degne di nota sono poi l’auto-cover della citata "Everyday Talkin’" (qui intitolata "Big Splish Splash") ed una ultra roots "Sound of Our Forefathers" con tanto di suono di vanga che scava nella terra usata a mo’ di "ghiro" e lo ska /reggae "Lot Wife"."Reggae Hit The Town" va a completare il trittico Trojan con i precedenti "The Original Reggae Hit Sound" e "The World Goes Ska", superba collezione!

a cura di Sergio Rallo


clancy_eccles_feel_the_rhythm.jpg (11052 byte)

Clancy Eccles – "Feel The Rhythm" – Jamaica Gold 1997

Io, questi della Jamaica Gold, li adoro. Stanno ristampando, là in Portogallo, rarissimo materiale. E se non fosse per quest’opera di ristampa sistematica dei più diversi autori, produttori, musicisti, che abbia sfornato la Giamaica, quello che conosco oggi riguardo la musica che mi fa impazzire, sarebbe molto ma molto meno.
Di Clancy Eccles per esempio, avevo tre raccolte e vari pezzi sparsi in compilation, che l’avevano fatto assurgere tra i miei artisti preferiti.
Quindi potete immaginarvi il mio prurito nel sapere quanta musica ha prodotto Clancy Eccles e nel ritenermi comunque escluso dal conoscerli per gli improponibili prezzi del mercato dell’usato.
Onore e gloria quindi alla Jamaica Gold per l’opera meritoria.
Il CD in questione contiene il passaggio da Ska a Reggae compiuto dall’artista, cantante e produttore, norchè sarto per i cantanti giamaicani più famosi. Non eri alla moda se non avevi indosso un vestito firmato Clancy Eccles!
Eccellente il brano "Costantinopoli", la title-track "Feel The Rhythm" viene indicata dallo stesso Clancy quale uno dei primissimi brani Reggae, cosa questa che, per un musicista che ha cantato anche uno dei primi pezzi Ska, non è niente male.
Fantastico il booklet dettagliatissimo, con foto, didascalie, intervista a Clancy Eccles, note su ognuno dei brani, elenco del personale completo dello studio e della house-band: i famosissimi Dynamites.
Una chicca: una "Fatty-Fatty", cavallo di battaglia del mitico Clancy, in una versione di più di 6 minuti con simulato (?) orgasmo di cicciona.

a cura di Sergio Rallo


The Explosions – "Everzday Stories", 45EP, Elmo (Grover), Germania, 1999

Buon 45 giri questo "Everyday Stories" degli inglesi Explosions alla loro seconda apparizione in buon caro vecchio vinile di piccolo taglio.

Di ambientazione e stile tipicamente inglese - di quelle che ricordano da vicino gruppi come gli scomparsi Cairo o i Reluctant Stereotype, per intenderci – "E.S." esordisce sul lato "A" con "London Town", un bel Reggae/TwoTone dalla ritmica "Early Reggae" con una melodia cantilenante facile facile ed enfasi sulla chitarra; sull’altra facciata "E. S." presenta "Grey Skies", altro Reggae dalla ritmica questa volta "classica" e hammond in primo piano, molto interessante per il cantato che ricorda, con buon effetto, certi gruppi vocali giamaicani degli anni ’70. Mentre l’ultimo pezzo "Useless Friend" è uno Ska disteso, con ritmica canonica e levare di sax (alto?), il cui tema, che ricorda qualcosa dei Riffs, è surclassato dal bridge "rock ‘n’ rolleggiante" . Nonostante tutto è, dei tre, quello che mi piace di meno.

Concludendo, con il loro riuscito mix di Two Tone, Pop, Reggae the Explosions si beccano a buon diritto il "placet" di SkabadiP e l’augurio di poter recensire presto il loro album di debutto.

a cura di Sergio Rallo


fahrenheit451_uccidiamo_il_chiaro_di_luna.jpg (11232 byte)

Fahrenheit 451 - "Uccidiamo Il Chiaro Di Luna" - CAM 1998 miniCD+CDROM

La storia discografica dei veneziani Fahrenheit 451 inizia nel 1996 con un 45 giri di colore blu realizzato ad opera di Poldo dell'etichetta indipendente Nutty Life Records di Milano. Rispetto a quella prima sperienza, il minicd che esce oggi oltre alla title-track "Uccidiamo il chiaro di luna", e "Ballando nella giungla", è presente anche "Figli del deserto". Il primo brano riprende la celebre espressione di Filippo Tommaso Marinetti, l'inventore del Futurismo che già all'inizio del secolo si scagliava contro una cultura passatista e logora. Quel motto rendeva bene l'idea di un movimento di pochi arrabbiati che si proiettava nel futuro come avanguardia artistica.
Il messaggio dei Fahrenheit è più immediato: Venezia è prigioniera del cliché di città-museo, sepolta nella sua storia e splendore d'un tempo andato.
Liberarsene vuol dire guardare al futuro per fare a meno degli americani che la acquistano campiello per campiello. Al passo coi tempi queste tre tracce digitali uniscono il suono all'immagine cd-Rom con la possibilità di assistere al videoclip trasmesso su Tmc2, nonché consultare testi, biografie etc. sulla band.

Leggiti l'intervista ai Fahrenheit 451

a cura di Tomaskarini per Rockerilla


Fahrenheit 451 - "Cammina Cammina" - Cd Singolo Alma Music, Italia 2000

Divertente, spensierato e dal testo ingenuo ecco “Cammina Cammina" il nuovo pezzo dei veneti Fahrenheit 451.

“Cammina Cammina" è uno Ska/Reggae piacevolissimo dall’atmosfera estiva e con bridge reggae che, su questo singolo, trovo in 3 versioni diverse: l’original, di 4 min. e 46 sec.; la “radio edit", con sfumatura sul solo di trombone con un minuto in meno di durata, e la version di Dr. Duse (Dr. Duse remix) in cui quest’ultimo, veterano del reggae lagunare coi Pitura Freska, svela per quale motivo è unanimemente considerato un maestro del Dub.

Chiude l’ascolto di questo apprezzabile singolo la canzone “Veleno" un bello Ska con accompagnamento di fiati che suggerisce come risolvere i problemi sentimentali e che suggerisco di aggiungere alla propria collezione di dischi!

Si spera che i Fahrenheit 451 spostino ora l’interesse del pubblico dal loro prossimo, bellissimo, video - anch’esso, come quello di “Uccidiamo il Chiaro di Luna", realizzato da un premiatissimo Andrea  Princivalli – alla musica che l’accompagna!

W lo Ska lagunare. 

a cura di Sergio Rallo


famiglia-rossi_fiato-alle-trombe.jpg (7093 byte)

Famiglia Rossi – "Fiato alle Trombe" – Dischilampo 1998

Se si volesse cercare un difetto in Fiato alle Trombe, così, tanto per fare i pignoli, si troverebbe solo la brevità dato che dura solo 22’ e 25".
Però c’è da dire che se lo scopo della F.R. – gruppo decisamente sconosciuto nella scena Ska – era quello di attenersi alla qualità piuttosto che alla quantità, beh, tale scopo può dirsi raggiunto. Infatti il motivo per cui la brevità diventa un difetto è che questa Famiglia Rossi è veramente in gamba e, lasciandoti nel silenzio dopo solo sei bellissimi brani, ci rimani male perché ne vorresti ancora.
Più nel particolare c’è da osservare innanzi tutto che questo gruppo di Bergamo (già apparso in TV e con alle spalle un altro CD dal titolo "Il Gioco è Bello Quando è Bello"), si muove con una propria, definita personalità tra ritmi Caraibici, Rockabilly e Swing. E lo fa con facilità ed ottimo gusto. Veramente divertenti, ironici e – è il caso di dirlo – skanzonati. La F.R. dimostra di saper suonare ottima musica, articolata, ritmicamente varia e, grazie ad arrangiamenti molto curati in grado di dipingere atmosfere diverse; poi il CD è registrato in presa diretta, cosa che, come è dato da apprezzare anche ad un superficiale ascolto, permette di cogliere il notevole "tiro" di questi musicisti tra i quali c’è una sezione fiati brillantemente arrangiata e che pare non temere gli alti registri. Tutto ciò non basta ancora, per una completa recensione, perché anche chi si è occupato dei suoni, in fase di registrazione e mixaggio, ha fatto un ottimo lavoro per un CD che anche esteriormente è molto gradevole con il suo coloratissimo booklet e con i testi delle canzoni che, si sa, fan sempre piacere.
Da "Il Barista" a "Skamorza" (ma a me non stavano sulle balle certi Ska in italiano e giochi di parole con dentro Ska ?!) passando per "L’Unico Colore" a "Mario Libero", soffermandoci sull’ottima Ska-cover della canzone che avrei "coverato" volentieri anch’io e cioè "La Canzone Intelligente" (reminiscenze di un’infanzia con la TV in bianco e nero) per ripartire, e finire, dopo uno "spliff" con "Libera è la Notte", questo CD fa danzare, cantare e sorridere e mette una voglia matta di vedere dal vivo la famiglia…questa è musica, questo è divertimento.

a cura di Sergio Rallo


Famiglia Rossi - "Lillipuziani" - Bloom Produzioni, Italia, 2001

Il nuovo disco della Famiglia si dipana tra folk e country (Le Nozze), ballate dal sapore western (Il Pazzo), blues leggeri (Blues della Lontananza), rocksteady rock blues (Abbaglio), R&B tesi (La Ballata Dell’Amore Cieco), rock (La Bimba), ska (La Canzone Intelligente), ballate popolari dal sapore ora medievale ora latino (Una Guerra Tra Cosche), punk (Come Mi Spendo), reggae (Solamente Sole) e, ancora, hard rock (L’Attore), rockabilly (Comodino), di nuovo ska (Skamorza) e di nuovo western (la Ballata del Motociclante).
Lillipuziani (con una gran bella grafica di GoshArtworks) è un bel disco, anche se, dopo il suo ascolto, devo fare la stessa considerazione fatta per l’ultimo disco dei Liberator: visto che sui 14 brani contenuti in Lillipuziani (tutti cantati) solo 2 sono Ska e solo 2 altri sono riconducibili al Rocksteady/Reggae (bella “Abbaglio"), si propone il problema dell’opportunità della presente recensione in SkabadiP. Soprattutto se i 2 brani Ska fan parte della passata discografia della band e sono il loro riarrangiamento un po’ “appesantito".
Ad onor del vero devo anche dire, però, che La Famiglia Rossi non si è mai presentata e non è mai stata e non ha mai voluto essere considerata un “gruppo Ska", essendo, invero, un gruppo poliedrico che tra i ritmi preferiti usa anche lo Ska e Reggae.
L’esecuzione, la miscellanea di influenze, molta cura nei testi, l’immutato “tiro" del gruppo, la bella voce del cantante, fanno di Lillipuziani un disco attraente e ha, come al solito per La Famiglia Rossi, anche un bel suono.
Quello che ho gradito di meno, in generale, è la preponderante influenza country/folk, generi che non mi hanno mai entusiasmato eccessivamente.
 

Sergio Rallo


Franziska - "Promo" - Autoprodotto, I 2000

Questo promo dei Franziska, che si apre con la gradevole "The Lover" (verrebbe da dire, se fosse possibile, tratta dall’omonimo 7 pollici), colpisce perché le tracce successive sono state registrate "live" al Patchanka dandomi così la possibilità di giudicare il notevole salto di qualità della formazione milanese compiuto nell’ultimo anno.
Su di una base esclusivamente Ska tradizionale, "Rainbow in Your Smile", la versione ska di "Three Little Birds" di Marley (che per la formazione sta diventando il pezzo-simbolo dato lo skatenarsi di danze durante i loro concerti) e "Baby Murderess" cantata un poco in italiano ed un poco in inglese, mi convincono dell’energia che sono ora in grado di sprigionare Paolo e compagni.
Molto retrò, nel senso che richiama certo Ska di fine anni ’80, l’ultima agitatissima traccia dal titolo "Fashion To Be Rude".
Se è in vendita, compratevelo, se non lo è, "accontentatevi" del 45 giri "The Lover" rintracciabile, almeno a Milano, nei luoghi "Ska" per eccellenza.
Per chi va a caccia di rari promo od urla: Hasta el vinile siempre!

a cura di Sergio Rallo

leggiti l'intervista


 

Franziska - "Special Blend" - CD, Rude Records, Italia, 2001

Si intitola Special Blend il primo, atteso album dei Franziska che è un lavoro serio, ben registrato e ben suonato, con un sound che definirei luminoso.

Le 12 tracce che costituiscono il corpus di S.B. spaziano con agilità dallo Ska tradizionale di “Give Me Your Love" allo Ska two tone di “Fashion To Be Rude"; c’è anche del Reggae che richiama gli anni ’80 come “Battito Forte"; c’è, ancora, una riuscitissima versione Ska trad. di “3 Little Birds" brano immancabile nelle skalette dal vivo della formazione milanese che, nella sua versione in studio, fa ulteriormente apprezzare il buon affiatamento raggiunto dal gruppo.

Apprezzabile l’arrangiamento del Rocksteady dal titolo “Never Loose" anche se non è la traccia che preferisco come non lo è “Insoddisfatta" un po’ Pop e banalotta nella melodia che sa di già sentito; a queste ultime due preferisco, invece, la riuscitissima (in ritmi e godibile arrangiamento) estivissima “Rainbow in Your Smile" e la notturna e cupa “Baby" dagli inaspettati risvolti Dub che, senza interruzioni, passa al Reggae stile anni ’70 dal titolo “Volo Via", canzone caratterizzata da ottima tastiera e ottimo lavoro alle percussioni di Ciccio oltre che dalla migliore interpretazione vocale del cantante Paolo.

Altro momento di vera goduria nell’ascolto di Special Blend è, poi, lo strumentale complesso e jazzoso dal titolo “Zanzibar" dell’inossidabile sassofonista tenore Valentino Finoli.

Unico neo di un disco piacevole e valido sono i testi che lasciano un attimo perplessi, sia in inglese che in italiano.

Valido.

Sergio Rallo

leggiti l'intervista


Franziska - "Hot Shot" - CD, V2/Sony Italia 2003

Sta veramente diventando sempre più piacevole occuparmi delle recensioni dei gruppi nostrani e, di pari passo, sta diventando sempre più difficile, invece, scrivere una recensione positiva senza ripetersi.

Ultimamente, infatti, come avrà appurato chi legge ogni tanto le Riddim Reviews, tra Mr Tbone & His JLO, Rebeldes, Cookoomackastick, Matrioska, Monocromo, Cheech Skaos, Kebana, Shots in the Dark e tanti altri ancora, la scena ska italiana si sta rivelando sempre di più, ogni giorno che passa, tanto valida e variegata quanto matura ed internazionale.

Analogamente posso giudicare il percorso musicale intrapreso dai Franziska ormai sette anni fa e che porta, oggi, al loro nuovissimo album “Hot Shot".

Con Hot Shot, infatti, i Franziska mi conquistano definitivamente: prodotto autonomamente è, a maggior ragione, un disco di cui Paolo Bertucci (Voce), Francesco “Ciccio" Bolognesi (percussioni) ed Alessandro Licastro (tastiere), nucleo storico della band, possono veramente andare fieri.

Il suono generale, rispetto al precedente lavoro “Special Blend", è più caldo, avvolgente alla maniera degli Hepcat, con un feeling profondamente tradizionale in ogni pezzo.

Con tutte e 12 le tracce  presenti in Hot Shot- di cui due sono “version" risultato del trattamento operato da Madaski che si è occupato di mixaggio e “dubbaggio" dell’intero album – i Franziska non fanno venire affatto nostalgia dei musicisti precedentemente passati nella formazione: la nuova ritmica, infatti, costituita da Marcello Marson al basso, Nico Roccamo alla batteria e Pietro Comite alla chitarra è potente e perfettamente amalgamata, mentre la sezione fiati costituita dagli ammirevoli Marco Zaghi al tenore e Riccardo Gibertini alla tromba, già dei Reggae National Ticket, è perfettamente dosata per tutto lo scorrimento del CD.

Potenti Ska dall’impianto tradizionale e dall’influenza soul, come “Gioco Truccato", o dall’atmosfera estremamente swing come “Sly Japanese" o, ancora, lievi come “Ed Ho Bisogno Anche di Te" (l’unica, insieme alla gradevolissima “Come Devo Vivere", cantata tutta in italiano) lasciano spazio anche per eleganti e coinvolgenti strumentali di ampio respiro jazz che ricordano il lavoro di gruppi come gli Articles al cui livello pongo senza indugio gli strumentali “Dressing Room" e “Nice Up".

Gli ingredienti, degli strumentali come dei cantati sono melodie accattivanti, assoli brevi ed incisivi, cura nella ricerca dei ritmi, una miglioratissima capacità compositiva.

Altre tracce che mi sono piaciute al primo ascolto sono poi un altro ska, morbido, intitolato “Ready To Go" ed il reggae roots “Lord is My Rock" in cui Paolo il cantante si rivela, una volta di più, estremamente convincente; bello, infine, il trattamento dub che a quest’ultima canzone riserva Madaski nella traccia successiva come dell’unico rocksteady “Can’t You See", reintitolato “Can’t You Dub" che è un’altra delle migliori tracce presenti in “Hot Shot" ovvero un disco fatto con passione sincera da veri amanti della musica Ska per seri ed appassionati amanti dell’unico, vero, grande Riddim!

Shake it up!

Sergio Rallo

 

leggiti l'intervista


Freetown - "Painless" - Beatville Records 1999 Olanda

I 3 Freetown, Steve Harris (cantante e chitarra ritmica), Tony Gethin (chitarra solista, basso e tastiere) e Jah Bunny (batteria, percussioni, cori, synth.drum), sono di Londra e di loro avevo sentito parlare in occasione di un tour in cui accompagnavano Aitken in parecchie date qua e là per l’Europa.
Un anno dopo, circa, li ritrovo – ed ascolto per la prima volta - in ben 2 tracce sulla già mitica compilation "Ska Island" (Island UK ’97) mentre accompagnano Laurel Aitken e Rico Rodriguez in "Rudy Girl" e "Take Five".
Ora li ri-ascolto su questo loro primo "Long Playing", molto curato, dal titolo "Painless" per l’ottima etichetta Beatville che, sia detto, è una di quelle etichette che tratta la musica Ska molto seriamente.
I Freetown propongono dell’ottima musica, dall’atmosfera complessivamente "Two Tone" ma con una batteria molto più classica e con linee di basso a metà tra lo Ska più tradizionale ed il Reggae ‘69.
Molto ballabile - gettonatissima allo SkabadiP Radio Show - è la prima traccia (caratterizzata da una chitarra che sta in bilico tra il country e le Hawaii ed un sax con riff mutuato da "007" di Dekker) "She’s Natural", testo da interpretare con attenzione, è gioiosa e simpatica soprattutto se "You got no pipe, she roll you a cone".
"Star", traccia #2, mi piace sia per il testo spensierato che per i ritmi e riff di chitarra i quali, per citarne il testo: ti fanno sentire "solid in the skaworld; il primo brano non originale che incontro è uno Ska/R&B veramente vecchio stile, dal titolo "Tick Tock" con tanto di solo di sax appunto "in stile" e breve riff di tromba con sordina che contribuisce all’atmosfera parecchio "ska-roots"; la seconda cover è la traccia successiva: "Come Down" di Lord Tanamo sulla quale, differendo poco dall’originale, non mi soffermo preferendole il successivo pezzo dal ritmo reggae dal titolo "Seize", una canzone in una vena "primi anni Ottanta" che mi ricorda certi gruppi di cui non ho sentito più nulla come gli americani Shot Black & White; dal reggae di "Seize" ad uno ska lento dedicato alle affascinanti skin-girls dal titolo "Skinhead Girl" il passo è breve; da quest’ultima all’unico strumentale di "Painless" ovvero "Skaffic Jam" il passo è breve altrettanto ma "Skaffic Jam" ha pure il pregio, come la successiva, bella, "Come Away", di avere come ospite Rico Rodriguez che si produce in uno strumentale in stile "Skatalites cattivi" da non perdere come da non perdere sono i "peps" e "l’early toasting" fatti da Jah Bunny dall’inizio alla fine.
Tra le mie favorite, l’ultima traccia "Long way >From Home" che è uno ska con testo esistenziale, il reggae anche lui "anni Ottanta" "To Be Mine" e l’eccellente "Don’t Go".
Alzo, quindi, il mio calice ai Freetown augurandogli, dato questo debutto, di non essere una meteora nel panorama della nostra musica.
Per tutte le skingirls e quelli che si sentono "solid in the skaworld".

a cura di Sergio Rallo

 

 

 


linea.gif (2795 byte)
Torna alla pagina princiaple di SkabadiP