Il Profeta incontra The Prince in persona!





In esclusivissima per SkabadiP, la descrizione dell'incontro di Sergio, la memoria storico-documentaristica di SkabadiP, con una leggenda vivente dello Ska...live and direct from Jamaica.





IFacciamo un lungo giro per giungere all’inizio della leggendaria Orange Street. Questa è, infatti, una "one way street" che dal mare porta verso l’entroterra e, nonostante che Brentford Road, in linea d’aria, fosse relativamente vicina, per prenderla dall’inizio (non lontano dagli attracchi del porto di Kingston) Robert ci fa attraversare mezza capitale.
"Siamo proprio dei cazzoni: ci guardiamo attorno come dei turisti al parco giochi", butto là quello che non è un rimprovero a me stesso ma una constatazione.
"Perché, tu come ti senti?" mi interroga Pizza mentre cerca di capire cosa stia fotografando il Carloni fuori dal finestrino dell’auto in movimento.
"Come vuoi che mi senta? Esattamente come un turista in un parco giochi…con la basilare differenza che, io, Disneyland non la tollero".
"Cos’hai fotografato vicino a quel bidone di immondizia?" chiede Pizza;
Marco (senza togliere l’occhio dalla macchina fotografica): "Un cane che somigliava a Pluto".


Non molto distante da dove inizia Orange Street, passiamo vicino a Salt Lane e a me viene subito in mente uno di quei primissimi "shuffle" attribuiti a Clue J & His Blues Blasters (formazione dal nome inequivocabile) dal quale sarebbe sgorgato poi il Ritmo Ska ed intitolato, appunto, "Salt Lane Shuffle", uno strumentale dominato dal trombone di un giovanissimo Rico Rodriguez. C’è chi è contento di stringere la mano ad un pirla vestito da Pippo, io lo sono entrando in Orange Street.
Attraversata un’incasinatissima piazza piena di bancarelle, negozi, magazzini, officine, "taxi", pulmini che partono per tutte le direzioni, inizia la parte "viva" di Orange Street che non risulta meno incasinata della piazza che la precede. Kingston continua a brulicare, è dall’alba che brulica e, a dir la verità, non smette mai, neppure di notte.
Alla mia destra vedo il grande negozio/grandi magazzini di Joe Gibbs, un po’ più avanti, alla sinistra c‘è il Techniques Records (e non solo) shop; tiriamo avanti e, finalmente lo vedo: è il Prince Buster’s Shack Record Shop.
Tre secondi dopo averlo visto partono le imprecazioni alla Sfiga: il locale è decisamente chiuso. Tengo per me le bestemmie.
Scendo dall’auto dopo aver ascoltato il nostro driver che ci avverte che la zona non è, notoriamente, tra le più tranquille della città e pertanto, okkio!
Che non fosse zona residenziale ce ne eravamo accorti quando, poco prima, avevamo visto passare un "pick up" dei pulotti locali: erano in tre, bardati di pesantissimi giubbotti antiproiettile ancora più caldi sotto un sole al massimo del proprio bagliore e dotati di un vero arsenale degno di Rambo. Militari così bardati non vanno in giro senza motivo come nelle dittatture, sono così perché nella Kingston Town di oggi si spara ben più facilmente che ai tempi dei Rude Boys.
Solo arrivato davanti alla saracinesca (di quelle a maglia), riesco a vedere quello che prima non riuscivo per colpa della fortissima luce: all’interno del negozio ci sono due tipi affaccendati a lavorare di sega e martello.


Il negozio, con le pareti appena ridipinte di giallo e con graffiti colorati qua e là riproducenti i famosi loghi delle varie etichette sfociate dal sound system The Voice Of The People, sembra stia venendo messo a posto e, con buona pace per le mie velleità collezionistiche, non c’è neppure un 45 giri nei nuovi scaffali del locale. Neppure una cassetta!
Chiedo imprecisatamente ad uno dei due se c’era per caso Mr. Campbell, loro mi guardano, si guardano interrogativi; correggo subito il tiro: "C’è Mr. Prince Buster?"; loro si illuminano, certo che c’è, ed uno di loro sparisce dietro la porta del retro.
Cerco di sfogare la mia eccitazione adolescenziale con i miei amici. Loro lo sanno della mia malattia per la musica ska e, pertanto, capiscono. Marco, poi, fan dei Madness da quando era piccolo, ancora meglio.
In trenta secondi spiego al Pizza, che ha avuto la malaugurata idea di chiedermi se Prince Buster fosse uno famoso, che Prince Buster è un artista ancor oggi rispettatissimo nella sua patria (ho successivamente sentito alla radio suoi brani) e le cui canzoni sono tuttora richiestissime nei club inglesi nonché merce apprezzatissima tra i collezionisti, oltre ad essere tra le più riprese del genere ska/rocksteady.
Gli racconto come il Prince, negli anni ’40, era un giovane, veloce e determinatissimo Boxeur. Che era a capo di una "gang" che faceva base in Luke Lane (che, con "shuffle" al seguito è anch’esso un proto-ska), una via posta in una zona tranquilla come lo era una volta Via Giambellino a Milano e dove, con la sua combriccola, dava vita a session musicali con percussioni improvvisate da barattoli, manici di scopa, coperchi, bottiglie etc.
Cecil Bustamente Campbell, ancora lungi dal farsi soprannominare Prince Buster, ma già noto come "capobastone" di una certa fama, diventa uomo della, se così vogliamo chiamarla, "security" del sound system di Coxone.  È un duro Prince Buster e con lui non si scherza: pare che non solo fosse di una velocità notevole nel tirare di boxe, ma anche che fosse di un coraggio leonino. Fu lui, infatti, a salvare l’allora assistente dj Lee Perry da un sicuro accoltellamento da parte del gruppo di uomini mandati da Duke Reid per mandare a monte la serata di Coxone.
Nel ’59, Buster dà il via al suo Voice Of The People sound system, senza dubbio il più innovativo e variegato di tutti.
Dalla stessa porticina in cui era sparito, ritorna il tipo, si fa vicino alla saracinesca e mi dice che Prince Buster sta arrivando.  Finisco di dire a Pizza che, per avere l’idea della fama che dovrebbe comunque essere tributata all’uomo che sta per conoscere, deve immaginare che è Prince Buster l’uomo che ha dato il maggior contributo al genere ska nei suoi albori; a definirlo nella sua forma, come dire…canonica che, dalla medesima porta, spunta Lui. 

Mi sento pesantemente attaccata alla faccia un’espressione da beota, vorrei dirgli quanto amo le sue canzoni, i suoi strumentali, la sua voce. Ma cerco comunque di mantenere un certo "aplomb" e, dopo le presentazioni di prassi, gli dico che sarei felice di poter fare 4 chiacchiere con lui per il sito SkabadiP.  Lui, che è in canottiera e che forse stava dormendo mi dice di aspettare un attimo che esce subito. Dopo un minuto, la porta di metallo alla sinistra del negozio, si apre.
Dinanzi a me, sfolgoranti sotto il sole, ci sono i denti intarsiati d’oro (meglio, incorniciati) di un uomo che, come mi è capitato per diversi artisti suoi conterranei, non dimostra la propria età. Al sole, Buster rivela le cicatrici che ha sul volto, ricordo di qualche Rude Boy che aveva, però, sbagliato indirizzo: non si va a rompere le palle a Judge Dread in persona!


Ha anelli d’oro e collana d’oro. Gli occhi grandi, non da cattivo, anche se immagino che, ai tempi della gang di Luke Lane, sapevano far paura.
Bè, la prima cosa che gli devo dire è sicuramente quella che già stavo dicendo al Pizza: secondo me, dopo aver ascoltato credo buona parte delle musiche di fine anni ’50/primi ’60, dei vari Coxone, Duke Reid, The Matador, di Aitken etc. mi sono fatto l’idea che il ritmo dello ska, nelle sue caratteristiche essenziali, sia nato nell’ambito del suo sound system.
Nulla di meglio per ingraziarsi la simpatia di Prince Buster. Io, di questo importantissimo artista caraibico la cui fama è mondiale perché il suo pubblico è mondiale, non ho mai letto interviste, ma ho colto nel segno: che il ritmo dello Ska l’abbia inventato lui e (tiene a specificarlo) i musicisti che per lui hanno lavorato, non è in discussione, lo dice raggiante replicando ad una mia osservazione circa i maggiori personaggi che si attribuiscono il merito: "Sì, è vero, Coxone ha dato il via alle registrazioni dei primi shuffle, Aitken (Laurel) è stato il primo artista giamaicano ad entrare in classifica (con "Boogie In My Bones"/ "Little Sheila", del 1958 n.d.i) con un brano che, anche nel titolo, richiama il boogie, ma la vera musica Ska, il ritmo originale, sono stati i musicisti che lavoravano per me a metterlo giù".


No ragazzi, non è presunzione quella di Prince Buster, né il solito ritornello di molti dei Grandi di questo genere; tutt’altro, è un dato di fatto e, per pura autocelebrazione lo metto al corrente dell’analisi che ho fatto a casa mia a Milano ascoltando la musica giamaicana in mio possesso del periodo tra il ’58 ed il ’63 per la famigerata "Storia dello Ska" di SkabadiP, ed il Prince me la conferma in pieno: "La vera e propria batteria "ska", come evoluzione del classico ritmo tipico della batteria nel R&B, l’ha compiuta Arkland Parks, quello noto come "Drumbago", non altri".
Godo del mio intuito che, si badi, è anche supportato dal fatto che l’unico altro batterista che potrebbe acclamare per se il primato, ovvero Lloyd Knibbs, nel periodo che ha segnato la transizione da "shuffle" a "ska" (cioè, il ‘62/’63) era a suonare sulle navi da crociera. (Ovvero: Knibbs è partito che in Giamaica c’era la moda dello Shuffle o Boogie che dir si voglia ed è ritornato che stava per esplodere la moda dello Ska, all’affermarsi della quale, è questo è banale dirlo quanto è di per sé evidente, ha contribuito in maniera enorme sotto vari aspetti tra i quali l’aver letteralmente inventato la batteria "Burru").
Il personaggio, Drumbago, è sempre stata una delle mie tante "fisse" nell’ambito ska, chiedo quindi a Prince Buster se è vero quel che ho letto circa il mitico "Drumbago" che, alla fine dei ’60, non potendo più suonare la batteria per problemi fisici, si era messo a suonare il "pennywhistle", un flauto fatto di bamboo (lo trovate in splendida forma, per esempio, in "Flute Flavour" all’interno della compila Trojan "The Wild Bunch" ’95 ed in "Dulcimenia" con i Dynamites in "The Wild Reggae Bunch" per la Jamaican Gold ’96).


Buster è categorico: "Macché, Parks, il flauto, l’aveva sempre suonato, lo suonava da sempre; anzi, devi sapere che durante le registrazioni in studio era proprio lui che intonava la sezione fiati. Parks aveva un orecchio incredibile: se uno dei fiati era nella chiave sbagliata, anche di poco, Parks fermava tutti, tirava fuori il suo flauto, ci soffiava dentro e diceva: "questa è la nota giusta"; allora tutta la sezione fiati si accordava sulla sua nota" e la session era ok".
A proposito di registrazioni mi balza in mente una curiosità che fa parte delle leggende circa il lavoro in studio nel periodo dello ska e che subito rivolgo come domanda a Buster: " E’ vero che il lavoro in studio era per lo più improvvisato?".
Anche in questo caso Prince Buster è categorico: "No, no, è proprio il contrario, da me non si improvvisava nulla, avevamo tutti gli spartiti ed ognuno di noi sapeva leggere la musica, senza contare che così facendo, si risparmiava tempo e, quindi, denaro."
Oltre al momento in cui avevamo parlato di Arkland Parks, Prince Buster, sempre saldamente col suo negozio alle spalle, si illumina con un sorriso anche quando gli chiedo di un altro musicista da me particolarmente apprezzato: il sassofonista Val Bennett.
"Era veramente una leggenda vivente, quando io ho lasciato Coxone ed ho cominciato il mio lavoro come produttore nel 1959 (ben prima cioè di quando Prince Buster registrò la sua prima canzone "They’ve Got To Come" nel ’62 n.d.i) Val Bennett era uno dei più rispettati e ricercati musicisti essendo già famoso per l’orchestra da lui diretta; i suoi concerti facevano sempre il tutto esaurito"; Prince Buster mi dà anche una nota di colore: "Era una vera "star", le donne gli si buttavano ai piedi in mezzo alla strada; era solito vestirsi in maniera sgargiante e andava in giro sul calesse era tipo una superstar".


Gli chiedo se il solo di tenore nella sua splendida "Too Hot" fu scritto od improvvisato al momento dal grande Val Bennett e la risposta non poteva che essere: "certo, gli assoli non venivano provati, fu improvvisato al momento, quello era lo spirito di Val Bennett in quel momento…tutti i musicisti sapevano quali e quante erano le misure dedicate al solo, cosicché anche i cantanti dovevano sapere quando dovevano stare zitti o quando dovevano cantare. Niente spazio per gli errori". Ed errori non ne commetteva nessuno nel gruppo di musicisti che hanno accompagnato tutte le session di Prince Buster come Prince Buster’s Allstars, chiedo a Buster cosa mi può dire di Baba Brooks.  "Era un amico" - esordisce Mr. Campbell – "ha arrangiato parecchie registrazioni per me, c’è lui nel disco " What A Hard Man Fe Dead", ed in "Ska-lip-soul" pure; aveva un magnifico senso del ritmo e la sua Baba Brooks Band comprendeva praticamente gli stessi musicisti delle mie session, Jah Jerry alla chitarra, Brevette al basso, Drumbago alla batteria, ed il caro Dennis Campbell a fare la mono nota in levare al sax". A proposito dei due dischi appena citati, spiego al mitico inventore di Judge Dread che speravo di fare incetta di suoi dischi ma che con rammarico ho costatato che il negozio è in rifacimento. Quasi se ne scusa: "Vedi, è stato chiuso per parecchio tempo, non avevo tempo per seguirlo ho affari da seguire a Miami, dove c’è mia moglie, ora però, lo riaprirò al pubblico e ricomincerò a ristampare il mio vecchio catalogo". Gli confesso che non è affatto una cattiva idea, infatti, le copie che ho io dei suoi due dischi appena citati sono in realtà delle copie pirata, fatte in Inghilterra, dove pare siano abbastanza specializzati nel riprodurre senza permesso materiale altrimenti introvabile. Ovviamente Prince apprezza la mia sincerità nonché consapevolezza del danno economico che artisti come lui subiscono con poche possibilità di reazione o di tutela e mi dice, tra le altre cose, che è proprio per tale ragione che è intenzionato non solo a riprodurre lui tutto il suo catalogo, ma anche che è seriamente intenzionato a perseguire con ogni mezzo tutti i contraffattori. Uomo avvertito…
La nostra conversazione continua nell’ambito più prettamente musicale quando gli chiedo che cosa ha pensato quando i Madness (il cui nome, com’è notorio, era ispirato dall’omonimo pezzo del Prince) sono entrati in classifica con "The Prince".
"E’ stata una piacevole sorpresa, sapevo di avere un seguito continuo dagli anni Sessanta nell’ambiente cosiddetto underground londinese, ma non potevo immaginare un tributo del genere. Successivamente ci siamo anche incontrati, sono persone simpatiche alle quali sono grato di avere reso mondialmente famosa la mia "One Step Beyond".
Buster è sorridente, ascolta attentamente per capire meglio il senso delle cose che dico col mio non perfetto idioma; ci mettiamo d’accordo per vederci per una cena nell’ambito della quale fare una vera e propria intervista al mio ritorno dal giro dell’isola, lui mi dice che non c’è problema, di chiamarlo pure al mio ritorno e mi dà pure il n.° di telefono di sua moglie a Miami per avere la sua e-mail e fargli sapere alcuni dati in merito ai dischi tarocchi.
Ci congediamo, lo abbraccio ribadendo la mia felicità nell’averlo incontrato e, guardando il foglio su cui ha scritto i numeri di casa sua, entro in auto.
Appena entrano anche Pizza e Marco esplodo infantilmente: "Ma l’avete visto cos’è simpatico? Ma è un mito! Grande, no? Ti rendi conto? Ah, ah, ah! L’ho incontrato, Prince Buster!".
È Robert, che nel frattempo aveva messo in moto e si dirigeva verso dove Orange Street degrada completamente trasformandosi da popolosa in quasi-desertica, a bloccare il mio post-entusiasmo: "C’è la polizia, state zitti che gli parlo io" dice con voce leggermente preoccupata. In effetti, uno dei 3 pulotti che avevo visto sul pick-up prima di incontrare Prince Buster, con il mitra a tracolla ci fa cenno d’accostare esattamente dietro al loro mezzo sul quale è appostato quello di loro col fucile mitragliatore più grosso che abbia mai visto al di fuori di un cinema.
Ma di emozioni più forti di incontrare l’artista preferito, non se ne parla neppure, e Pizza chiede ironicamente: "Avete visto come ce l’ha grosso quello là?". E’ un mero controllo di routine in una zona "calda" della caraibica Kingston del 2000: Ragga, Coca e "Gun men" e a me viene in mente una citazione di Prince Buster tratta dal retro di un suo Original Golden Oldies: "They have used guns to spoil the fun and force tasteless and meaningless music upon the land.
They have turned heaven into hell. Even my god is angry, and one will give an account of their sins on the day of judgement."
A quest’epoca non potevo sapere che non sarei più riuscito ad incontrarlo al mio ritorno Kingston a causa di un impegno improvviso che ha reso indisponibile il dispiaciuto Prince Buster negli ultimi giorni della nostra permanenza in Giamaica.
La mia frustrazione per non avergli fatto qualche altro milione di domande "specifiche" oltre a turbarmi ancora il sonno se la sono sorbita e se la stanno sorbendo tuttora i miei ex compagni di viaggio. 

 



Altre informazioni su The Prince?


Un sito Internet su Prince Buster: http://users.aol.com/Lizkel/Buster.html


Gennaio 1999

A cura di Sergio Rallo



Foto di Marco Carloni Fotografia per SkabadiP
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